Lady Oscar

Mia cara Berenice,

capisco che tu non veda l’ora di tornare a Roma. Io stesso sono ansioso di portarti sui Fori Imperiali, Moleskine alla mano su cui vergare le mie, appoggiato a un antico capitello. Perché non comunicare solo a voce? Perché il Moleskine mi dà un tono, soprattutto in accoppiata con le foglie d’acanto; inoltre, pensavo di strappare il foglio e infilartelo nella scollatura.

Parlando di scollature, mia cara, l’Italia è davvero una terra benedetta. Non tanto per quelle che sbocciano – come ovunque – con l’avanzare della bella stagione, ma perché vantiamo – caso questo sì, credo, unico al mondo – ben due influencer con il titolo di principessa.

Carolina di Borbone, della Casa Reale delle Due Sicilie, è salita agli onori delle cronache all’inizio dell’anno, quando ha rivolto, naturalmente attraverso le reti sociali, un “Messaggio di sostegno a tutti i Napoletani per il crollo dell’Arco Borbonico”. Sua Altezza Reale ha un profilo Facebook, uno Instagram e uno su TikTok. I suoi tre cani Cairo, Cosmo e Candy hanno un profilo Instagram separato.

Più recentemente, Vittoria di Savoia è finita addirittura sulle pagine del New York Times, quando suo padre, in qualità di Capo della Casa Reale, ha emendato l’antica legge salica, attribuendole la potenziale qualifica di erede al trono. Sua Altezza Reale utilizza solo Instagram e non so se abbia animali da affezione. Ha indirizzato un “Message à Emmanuel Macron, Président de la République Française”.

Due Principesse, due Troni, uno schieramento di reti sociali come di fortezze e compagnie di ventura.

Un duello all’ultimo sangue con gli effetti di un videogioco, un nuovo Rinascimento digitale.

Chi vincerà?

Un appassionato saluto.

Stan

La vita spericolata dei Re

Mia cara Berenice,

oggi siamo abituati a considerare i Reali personaggi da rotocalco, ma, ai bei tempi, le loro erano vite avventurose.

Non stiamo parlando delle favole, né delle epoche in cui Giovanni III Sobieski, alla testa dei suoi ussari alati, affrontava i turchi alle porte di Vienna.

La relativamente giovane storia italiana, ad esempio, vanta una galleria di sovrani che, nel bene e nel male, non si sono limitati a tagliare nastri.

Vittorio Emanuele II, il Re Soldato, assistette alla nascita politica dell’Italia, fra mille guerre e intrighi.

Umberto I, il Re Gentiluomo, venne assassinato da un anarchico nel 1900.

Vittorio Emanuele III, il cui soprannome era meno lusinghiero, guidò il Paese per una guerra mondiale e mezza, contribuendo in non piccola misura all’instaurazione del fascismo.

Umberto II è detto il Re di Maggio e, per quanto mi concerne, tanto basta.

Tutto ciò peraltro non ha impedito all’Italia di indicare graziosamente ai Savoia la via della porta, e questo ci porta a Juan Carlos di Borbone, l’ex Re di Spagna che, sull’onda degli scandali, ha scelto l’esilio volontario. Un epilogo amaro, ma in qualche modo dignitoso e solenne, per un’avventura straordinaria, da Sovrano dei vecchi tempi.

Con Juan Carlos di Borbone, la Spagna torna a essere una monarchia, in tempi relativamente recenti, dopo decenni di Repubblica: un fatto di per sé eccezionale.

Nelle intenzioni del regime franchista che lo intronizzò, Juan Carlos doveva probabilmente essere un burattino, invece guidò con mano ferma il Paese verso la democrazia, stroncando in modo netto e deciso un tentativo di golpe fascista nel 1981.

Poi è accaduto quello che è accaduto, ma almeno Juan Carlos non verrà ricordato solo per fondazioni caritatevoli o testimonianze ecologiste.

Un borbonico saluto.

Stan

Prigioniero di Maria Sofia di Baviera

Mia cara Berenice,

oggi tempo ancora splendido, ho consumato il pranzo pasquale in giardino con focaccia arricchita, agnello con patate, carciofi ripieni e pastiera. Quest’ultimo dessert ci porta a Napoli; ci ritorneremo presto.

L’idea era di passare tutta la giornata in giardino a leggere, invece nel tardo pomeriggio sono rientrato, afflitto da un subitaneo attacco di blocco del lettore.

Il fatto è che ho appena finito un meraviglioso libro di Jaeger sull’assedio di Gaeta e ora fatico a prenderne in mano un altro, seppur vincitore del Premio Strega.

Jaeger scrive alla vecchia maniera e il libro è un arazzo di aristocratici dai nomi francesi e tedeschi, carteggi diplomatici, epistole e proclami forbiti: insomma, quello che invano vorrebbe essere la mia corrispondenza con te.

A darmi il colpo di grazia, a configgere l’ultimo chiodo sulla mia bara, c’è perfino l’elemento sexy, rappresentato da Maria Sofia di Baviera, l’ultima Regina di Napoli. Nemmeno ventenne, fino all’ultimo subì l’assedio della piazzaforte insieme al marito Francesco II di Borbone, distinguendosi per la sua bellezza e il suo coraggio; l’agiografia degli autori filoborbonici fece il resto, trasfigurandola in un’eroina legittimista, novella Giovanna d’Arco.

Lo Jaeger riporta perfino una poesia in napoletano dedicata alla sovrana da uno dei difensori che, meglio di qualunque altro documento, riassume quanto ho appena espresso.

E ‘a Riggina! Signò!… Quant’era bella!

E che core teneva! E che maniere!

Mo na bona parola ‘a sentinella,

mo na strignuta ‘e mana a l’artigliere…

Stava sempre cu nui!… Muntava nsella

currenno e ncuraggianno, juorne e sere,

mo ccà, mo llà… V’ ‘o ggiuro nnanz’ ‘e sante!

Nn’èramo nnammurate tuttequante!

Cu chillo cappellino ‘a cacciatora,

vui qua’ Riggina! Chella era na Fata!

E t’ era buonaùrio e t’ era sora,

quanno cchiù scassiava ‘a cannunata!…

Era capace ‘e se fermà pe n’ora,

e dispenzava buglie ‘e ciucculata…

Ire ferito? E t’ asciuttava ‘a faccia…

Cadiva muorto? Te teneva ‘mbraccia…

Non allego alcuna traduzione che sminuirebbe i versi. Non conta comprenderne perfettamente il senso, del resto, quel che importa è la musica.

Insomma, sono prigioniero di Maria Sofia di Baviera: sta a te liberarmi.

Accorri, o Berenice, in mio aiuto.

Stan