Cinema e identità australiana

Mia cara Berenice,

alla domanda su chi sia la più celebre attrice vivente, non pochi risponderebbero Nicole Kidman. Eppure, la signora Kidman non è americana, ma australiana. Non stupisce perciò che, insieme al conterraneo Hugh Jackman, sia stata la protagonista di “Australia” di Baz Luhrmann (GB-Australia-USA, 2008), film che – al netto dello scarso riscontro di pubblico e critica – aspirava a essere una sorta di “Heimat” del Paese della croce del sud.

Stasera, invece, sto vedendo per la prima volta “The Water Diviner” (Australia-USA), di e con Russell Crowe, l’epica di un padre che attraversa i continenti alla ricerca dei tre figli dispersi nella battaglia di Gallipoli, tradizionalmente considerata il crogiolo in cui Australia e Nuova Zelanda sono nate come Stati nazionali.

Insomma, se il cinema è un barometro – e certamente qualche altra pellicola di rilievo mi sfugge -, l’Australia culla e carezza la sua identità, al principio di quello che sembra il suo secolo, tra prosperità economica e ascesa della Cina che l’ha resa la porta per l’Oriente. Non a caso, il Paese è diventato noto per la serrata dei suoi confini, un po’ come l’opulenta Svizzera in Europa, e ha proiettato anche militarmente la sua influenza nel Pacifico, soprattutto nelle ex colonie europee come Timor Est.

Cosa ci aspetta, dunque? Magari l’indizione della Repubblica, l’abbandono della bandiera coloniale? Niente più Governatore Generale a Canberra e Governatori negli Stati?

Dio ce ne scambi e liberi.

Dio salvi la Regina.

Stan

Brevi cenni sulla nuova alleanza militare anglosassone nel Pacifico e sul ruolo dell’Europa

Mia cara Berenice,

perdonami se non condivido la tua indignazione, ma non riesco a trattenere le risate nel figurarmi il vecchio maresciallo von Beck-Rzikowsky che deride la Francia, con tutte quelle medaglie tintinnanti.

Del resto, mia cara, non è successo nulla.

No, non mi riferisco all’abitudine, tipicamente francese, di farsi assestare schiaffoni a tutte le latitudini.

Parlo dell’irrilevanza dell’Europa.

Secondo te, sarebbe dimostrata dalla nuova alleanza militare stipulata da Stato Uniti, Gran Bretagna e Australia in funzione anticinese, dal contratto per la fornitura di sommergibili europei stracciato da Canberra, dal fatto che le relative proteste sono pervenute da Parigi e non da Bruxelles.

Io ti dico che l’irrilevanza dell’Europa è stata ufficializzata e bollinata, oltre mezzo secolo fa, dalla crisi di Suez, di cui fu protagonista proprio quella Gran Bretagna che oggi si illude di salpare lontano da Calais.

Da allora, non è cambiato nulla, semplicemente all’Unione Sovietica si è sostituita la Cina.

Si può avere l’impressione che la situazione sia peggiorata perché durante la Guerra Fredda l’Europa era, almeno, terreno di scontro, mentre oggi le flotte si fronteggiano nel Pacifico e nello Stretto di Formosa; ma è, appunto, in gran parte un’impressione.

Ci sarà una risposta, un colpo di reni? In tutta franchezza, ne dubito. Naturalmente, spero di sbagliarmi. In un mondo civile, i destini del mondo si decidono tra Londra, Parigi, Berlino, Vienna e San Pietroburgo, possibilmente indossando degli enormi parrucconi.

Un incipriato saluto.

Stan