Il differenziale

Mia cara Berenice,

prima dell’ultima crisi finanziaria, la parola inglese “spread” era nota, forse, solo a ballerini e ginnasti. In “Chicago”, la spread eagle è una delle posizioni che Velma Kelly assumeva nel numero con la sorella. “One, two, three, four, five, splits, spread eagles!” Cantava Catherine Zeta Jones nel film di Rob Marshall, con Richard Gere e Renée Zellweger (USA-Germania, 2002).

Dall’ultima grande crisi finanziaria, in Italia per spread s’intende il differenziale (rectius: differenza) di rendimento tra i titoli di Stato italiani e tedeschi.

Dopo aver portato il Paese sull’orlo della bancarotta e aver fatto cadere l’ultimo Governo Berlusconi, lo spread venne rimesso nel vaso di Pandola da Mario Draghi, all’epoca Governatore della Banca Centrale Europea. Oggi torna a fare capolino, complici l’inflazione, la guerra in Ucraina e la nuova linea della BCE di Christine Lagarde.

Dalle pagine del Sole 24 Ore, un dirigente di JP Morgan rassicura che, stavolta, l’Italia è meno esposta.

Spero abbia ragione, ma ai traumi non si comanda.

Io terminai il mio assistentato universitario, durato sulla carta altri due anni, nel 2010, alla vigilia del Governo Monti. Nel frattempo, avevo già compreso che l’Avvocatura non mi avrebbe dato nemmeno uno stipendio impiegatizio… e pensare che, all’Università, deridevo silenziosamente i colleghi per le loro aspettative troppo alte. Era altrettanto chiaro che la carriera accademica non potesse proseguire. Sempre nel 2010, la Legge Gelmini abolì il ruolo ricercatori, istituzionalizzando il precariato fino alla chiamata ad Associato.

Fortunatamente, l’Università aveva una convenzione con il Governatorato per fornire esperti di diritto europeo. L’Amministrazione apprezzò i miei servigi, ma vigeva un divieto pressoché assoluto di assunzioni, che divenne totale quando il Governo Renzi decise di sopprimere le Province, imponendo il laborioso ricollocamento del relativo personale.

Nel frattempo, la Legge Fornero piombò sulla mia famiglia come una mazzata.

Solo un’eccezionale deroga legislativa autorizzata dalla Commissione Europea consentì di bandire il concorso che mi portò al Ministero come funzionario addetto alle politiche europee, proprio quando il Governatorato, al termine della complicata procedura prevista dalla Legge Delrio sulle Province, era riuscito con tanta pena a offrirmi un posto da assistente amministrativo.

Ecco perché, ogni volta che si parla di spread, io sudo freddo.

Un preoccupato saluto.

Stan

Di vacche grasse e vacche magre

Mia cara Berenice,

“al termine di due anni, il faraone sognò di trovarsi presso il Nilo. Ed ecco salirono dal Nilo sette vacche, belle di aspetto e grasse e si misero a pascolare tra i giunchi. Ed ecco, dopo quelle, sette altre vacche salirono dal Nilo, brutte di aspetto e magre, e si fermarono accanto alle prime vacche sulla riva del Nilo. Ma le vacche brutte di aspetto e magre divorarono le sette vacche belle di aspetto e grasse. E il faraone si svegliò”.

Avendo terminato il mio assistentato universitario nel 2010, ricordo bene gli anni dell’austerità. La Legge Gelmini e l’abolizione del ruolo dei ricercatori, la Legge Fornero sulle pensioni, la Legge Delrio e l’ennesimo, tombale blocco delle assunzioni nella Pubblica Amministrazione.

Abituato alle gocce, posso stimare con certosina accuratezza l’esatta portata idraulica della spesa alluvionale odierna, ingrossata dal nuovo ciclo politico e fatta definitivamente esplodere dalla pandemia. Il reddito di cittadinanza, i ristori, la mutualizzazione del debito, lo sblocco delle assunzioni: a decine di migliaia, abolite le prove preselettive, abolite le prove orali.

Un cambio di rotta sacrosanto, ma preoccupante in questo frenetico oscillare del pendolo, potenzialmente prodromico a una nuova stagione di vacche magre.

La Federal Reserve e la Banca Centrale Europea annunciano la graduale riduzione degli stimoli, sui giornali si ricomincia a parlare di inflazione e il Governo, improvvisamente, sembra incontrare difficoltà insormontabili nel finanziare la quarantena dei dipendenti privati colpiti o sfiorati dal virus. Anche in Cina, seppure in un contesto completamente diverso, il Governo ha lanciato una repentina campagna contro l’impresa privata, il settore tecnologico e il divismo. Aggiungiamo la crisi dei semiconduttori, quella dei porti, l’ostinato protrarsi della pandemia, la crisi afghana.

Solo suggestioni? Può darsi.

Per usare una locuzione diventata ormai popolare in Italia, tachipirina e vigile attesa.

Stan