Danza moderna

Mia cara Berenice,

mi dispiace che i balletti di Vienna stiano deludendo così cocentemente te e tua madre: se non andrete nemmeno a vedere “Lo schiaccianoci” sotto Natale, la situazione dev’essere davvero tragica.

La diagnosi della signorina Kohary in proposito è affascinante. Corpi di ballo infiltrati da giovani influencer uscite dai reality show: un tale cliché che si stenta a crederci.

Si può facilmente immaginare un giallo che esordisce nello stile più classico, con un’ambientazione nel Teatro dell’Opera di qualche grande capitale europea. La giovane prima ballerina-influencer viene assassinata sul palco. I sospetti si appuntano immediatamente sulla sua assistente, un’ex ballerina della vecchia scuola esasperata dai suoi capricci, costretta talvolta perfino a sostituirla in scena. Giorno dopo giorno dopo giorno, la vede sommersa di applausi e “Mi piace” sulle reti sociali, attenzioni del pubblico e della stampa, nonostante abbia una tecnica discutibile e un’espressione artistica addirittura inesistente; il tutto, senza un briciola dei sacrifici fatti da lei, l’assistente, in cambio di una rispettata e dignitosa oscurità.

I fanatici, urlanti follower e fan della giovanissima influencer morta escono dal loro bagno di dolore e autoannientamento ululanti e catramosi reclamando un capro espiatorio. Nonostante l’enorme pressione, la polizia e il magistrato non hanno elementi sufficienti per arrestare l’assistente, così, al termine di una maratona sfibrante di interrogatori, la pongono davanti a un aut aut: se non confessa e si addossa la colpa, la furibonda campagna di boicottaggio intrapresa dai follower finirà col far chiudere il Teatro. Il suo amato, storico Teatro.

L’assistente, lo sguardo abbassato sulle mani giunte come in preghiera tra le cosce, riflette se la sua esistenza votata all’impegno e al sacrificio sia destinata a trovare coronamento in quel modo, con la firma in calce a una confessione. Ripensa alla sua interpretazione giovanile di qualche personaggio offerto in sacrificio, potrebbe essere la fanciulla de “La sagra della primavera” di Stravinskij. Ecco, in un lampo di memoria, il momento culminante della scena e… dissolvenza. Titoli di coda. Finale aperto.

Che te ne pare? Io dico che sarebbe un discreto successo.

Un compiaciuto saluto.

Stan

Marea e risacca

Mia cara Berenice,

non ricordo se te l’avevo detto, ma il mio nuovo ufficio si trova esattamente sopra Galleria Alberto Sordi, salotto buono di sapore milanese che attualmente ospita un costoso bar e un’enorme libreria Feltrinelli. Quest’ultima organizza spesso, appunto sotto le volte, eventi di un certo spessore: solo di recente, ho visto sul palco degli oratori l’ex Primo Ministro Prof. Conte e il celebre scrittore Saviano.

A breve, la libreria chiuderà per la ristrutturazione della galleria e, secondo la stampa locale, potrebbe non riaprire. Se ne lamentavano le colleghe in chat, deplorando come il turismo di massa getti sul centro storico un tappeto polveroso e soffocante di negozi di abbigliamento e paccottiglia.

Questo stamattina. Nel pomeriggio ho fatto, com’è mia abitudine quando salgo in Veneto, un giro nel centro di C., città sui quarantamila abitanti, già simbolo dell’esplosione economica del Nord Est e candidata a capoluogo di provincia. Mi era stato anticipato che non avrei trovato quelle vie e piazze in buono stato, come d’altronde le volte precedenti. In effetti, non erano poche le vetrine vuote, ma ho notato anche qualcos’altro, un insolito fiorire di gallerie d’arte facenti corona a ben due mostre e ai manifesti di una cena rinascimentale, tenutasi proprio la sera precedente in un ex convento a ridosso del castello.

Insomma, pareva quasi di trovarsi nel quartiere bruxellese di Sablon, ma con una differenza sostanziale. Lì l’industria culturale fungeva da naturale complemento a una piccola città abbondantemente foraggiata da Quartier Generale NATO, Istituzioni europee, Governo belga nazionale e metropolitano, settore privato. Qui, più banalmente, ha trovato spazio in un centro storico che prima le era interdetto, presumibilmente approfittando del calo degli affitti e magari di politiche incentivanti.

Generalmente, il germogliare dell’arte e della cultura viene considerato – ed è – una benedizione. Tuttavia, è parimenti vero che può essere, al tempo stesso, un sintomo obliquo di decadenza. Esempi particolarmente noti ne sono gli ultimi secoli della Repubblica di Venezia o il Secolo d’Oro spagnolo; a mio modesto avviso, anche lo stesso Rinascimento, epoca di splendore artistico e culturale, ma politicamente velenosa.

Ciao.

Stan

Cinema neorealista e pittura en plein air

Mia cara Berenice,

ci scrivono dalle Calabrie: “Il mio dirigente mi prescrive, nel redigere il piano ferie, di prestare attenzione che sia sempre presente almeno una persona adibita alla mia funzione; ma io sono l’unica persona adibita alla mia funzione”.

Dopo la posta del cuore, la posta del crepacuore.

Come consolatio, ha invitato la mia amica di penna ad apprezzare il sapore surrealista della richiesta del suo dirigente, degna del miglior cinema. Del resto, le ho fatto notare, l’assenza di produzioni cinematografiche nelle Calabrie impone di mettere in scena le sceneggiature nella vita reale.

A volte, peraltro, si fa lo stesso anche a Roma, dove invece set e produzioni non mancano. Sere fa, tornando a casa, ho trovato un’attrice o una modella intenta a sfilare sulla piazzetta sotto casa mia, mentre un operatore la riprendeva, devoto e deferente, passo passo. Qualche settimana prima, a Piazza della Repubblica, una corposissima troupe aveva allineato i suoi camion carichi di strumenti, a raggiera, a ridosso del colonnato.

Oggi, a pochi passi da lì, in Piazza dei Cinquecento, di fronte alla Stazione di Termini, era invece stata rimessa in scena “alla calabrese” la celebre scena del vigile che, sommerso dal traffico, fischia all’impazzata, sbracciandosi come il naufrago che è.

Una manifestazione dell’estrema sinistra, irta di bandiere rosse come un istrice, aveva infatti prodotto – se non altro – l’ingorgo perfetto, un serpentone ininterrotto e fragoroso di auto, tram, autobus e perfino bus turistici.

Con non poca difficoltà sono riuscito a svicolare e immettermi in via Nazionale. Voltatomi per dare un ultimo sguardo a quel baccanale, mi sono trovato davanti una vigilessa, impeccabile nella sua uniforme bianca che spiccava sulla mascherina nera, nell’atto di incedere a testa alta e spalle dritte, dando regalmente le spalle ai manifestanti, tra due ali di furgoni e agenti della Celere. Un quadro che si potrebbe intitolate “Lo Stato”, a immagine e sostituzione del più celebre “Il Quattro Stato”, riscossa del pubblico ormai colonizzato, secondo la ricostruzione di Bauman, dal privato.

Un saluto militare.

Stan