Mia cara Berenice,
non so come vadano le cose in Austria, ma qui in Italia la variabilità del tempo di marzo è proverbiale.
Ieri faceva un caldo tale che in ufficio sono dovuto restare in maniche di camicia.
Stamattina era coperto, tirava vento e spilli di pioggia ti pungevano il viso, relegando l’ombrello a un’inutilità che non lo contraddistingueva dai tempi del Belgio. Ora, mentre ti scrivo, un sole dorato, dopo aver circonfuso le montagne, si sta allungando sul quartiere.
Io stesso ho avuto comportamenti imprevedibili, almeno per i miei parametri. Nel locale in cui pranzo quasi sempre il sabato e quando, come oggi, lavoro da remoto, i camerieri scherzano su quanto sono abitudinario. Oggi, subito dopo aver mandato giù il solito caffè al pistacchio, anziché tornarmene a casa o andare a passeggiare a Villa Pamphili, mi sono tuffato nel ventre del quartiere, tra le palazzine e i palazzi incastonati sull’erta, giù giù fino ai Quattro Venti di Pasolini, per poi risalire con il tram da Ponte Bianco.
Nel mondo anglosassone, a quanto mi consta, queste piccole alterazioni del comportamento si attribuiscono alla luna piena. “Keen Eddie” è una serie televisiva relativamente poco nota, su un poliziotto americano distaccato presso Scotland Yard. Il protagonista divide casa con una giovane inglese, una sfolgorante Sienna Miller. Il loro rapporto è turbolento, ma, in una puntata di luna piena, diventa improvvisamente e castamente affettuoso, ai limiti dello smielato.
La leggenda del lupo mannaro, del resto, è ben più antica dell’anglosfera, e prova a convincere mio padre o qualche altro contadino delle sue parti a compiere con la luna calante un’operazione per cui la saggezza popolare prescrive la luna crescente, o viceversa.
Un latteo saluto.
Stan