Il Fantasma di Roma

Mia cara Berenice,

il Comando Aereo ucraino ha ritenuto opportuno dichiarare ufficialmente che non esiste alcun Fantasma di Kiev, nessun asso dei cieli che avrebbe abbattuto decine di aerei russi… o meglio, “il Fantasma di Kiev è una personificazione dei piloti della 40^ Brigata Tattica Aerea che difende i cieli della capitale”.

Un analogo, seppur meno drammatico giuoco di specchi e cortine fumogene è in corso in Italia, sempre con il coinvolgimento dell’Aeronautica Militare.

Ieri, le previsioni meteo promettevano forti piogge e una rottura della cappa d’afa. Non è caduta una sola goccia, almeno nei quartieri centrali di Roma; anzi, a malapena il cielo si è rannuvolato. Ciononostante, l’aria era indubbiamente più fresca, e così stamattina.

Non tirava però un alito di vento, o forse erano state chiuse le finestre e le porte tagliafuoco dei corridoi, fatto sto che mi sono visto costretto ad attivare l’aria condizionata. Ora, però, il cielo è coperto e l’ho spenta.

Insomma, la situazione è ancora ambigua, sfuggente, confusa. Sembra di stare nella Roma del 1943, nido di spie e cospirazioni, nella Madrid della guerra civile o nella Berlino della Guerra Fredda.

Mi aspetto, a questo punto, uno scambio di prigionieri nel cuore della notte, a Ponte Milvio: l’autore ispanofono di qualche hit estiva e un’influencer perennemente in bikini in cambio di una ragazza freddolosa con il plaid sulle spalle e un caldaista, in tuta e cartelletta di documenti per le detrazioni fiscali.

Un saluto dietro gli occhiali scuri.

Stan

Spedita in ritardo

Mia cara Berenice,

agosto sta finendo e una pioggia scrosciante, improvvisa, si è abbattuta su Roma.

Stamattina, vedendo il cielo griglio e plumbeo, ho scrollato le spalle, ricordando di aver lasciato in ufficio al Ministero un ombrello, penzolante dalla spalliera di una sedia, perché non si sa mai: il cambiamento climatico è fatto di estati torride, ma anche di piogge monsoniche.

Non ho avuto bisogno di accendere l’aria condizionata; in compenso, l’umore della mia temuta regina era infernale. Ho risposto con diplomazia, una battuta sullo status del Trentino Alto Adige e la mia solita domanda di ferie settembrine.

È quasi settembre e tutto va bene. In “Quartieri alti” di Ercole Patti, uno dei racconti della raccolta è una magnifica ode all’autunno.

Un ungarettiano saluto.

Stan

Sono venuto qui a seppellire le ferie scaglionate, non a farne l’elogio

Mia cara Berenice,

temo tu abbia frainteso la mia ultima, non intendevo affatto criticare obliquamente la vostra tradizione familiare di trascorrere l’agosto in Crimea. Non priverei mai tua madre della gioia di commemorare la vittoria dell’Europa cristiana sul bolscevismo alloggiando nella dacia che fu del Commissario del Popolo agli Armamenti, già Comandante della Piazza di Vienna. Poco importa se i russi sono tornati, dato che ora dipendono da un Governo nazionalista e conservatore. Dopotutto, da quelle parti i soldati russi sono soprannominati “gli uomini cortesi”: non dubito, perciò, che gli ufficiali vi faranno il baciamano e deporranno ai vostri piedi la pellaccia di qualche ribelle del Caucaso.

Del resto, noi stessi ci saremmo congiunti felicemente a Venezia, se gli antichi dissapori fra Italia e Austria e la tua gelida reazione alle avance di quel Sottoprefetto non avessero impedito il riconoscimento del tuo green pass.

Ma che dico? Io stesso sto facendo la valigia, in partenza per una tre giorni matrimoniale nel Napoletano. Proprio ieri sera, tra l’altro, passeggiando lungo la Via Giulia, V. mi ha indicato la Chiesa dei Napoletani, con lo stemma borbonico bene in vista.

Raggiungi, quindi, tua madre senza remore e non privatevi di qualche gita sul Mar Nero. Se, sventolando i fazzoletti di batista dalla costa o dalla barca, potrete distrarre l’equipaggio di qualche nave da guerra occidentale, i vostri ospiti russi vi saranno doppiamente grati.

Un conciliante saluto.

Stan

Agosto, meteo mio non ti conosco

Mia cara Berenice,

non so se le ferie agostane di massa siano una prassi criticabile, certo non sono una prassi allineata al meteo. La scienza, infatti, ci dice che il mese più caldo dell’anno è luglio, che tesaurizza le lunghe giornate di giugno, già percettibilmente accorciate invece in agosto. Soprattutto è noto come, almeno nel Nord Italia, in agosto il tempo cominci già a guastarsi, con violenti temporali estivi.

“La prima pioggia d’agosto rinfresca il bosco,” sentenziava con soddisfazione mio padre, preoccupato per la siccità.

Da tempo, però, non gli sento declamare questo proverbio, perché il problema principale dei produttori di vino non è costituito più dalla siccità, ma dai fortunali violenti e soprattutto dalle grandinate, iniziate quest’anno già a fine luglio, con chicchi così grossi da mandare in pezzi le tegole dei tetti.

Leggo, per esempio, in un recentissimo comunicato stampa del Governatorato dell’Emilia Romagna: “Avviata sia la verifica per l’eventuale richiesta dello stato di emergenza nazionale sia la conta dei danni a seguito dell’ondata di maltempo e grandine che ieri ha colpito l’Emilia Romagna in diverse Province, in particolare il Parmense e il Reggiano. Già ieri l’Agenzia di Protezione Civile dell’Emilia Romagna aveva attivato le procedure per fare una ricognizione dei danni subiti dai beni immobili pubblici e privati. In corso il dialogo col Governo e il Dipartimento della Protezione Civile per appurare se ci siano gli estremi per richiedere lo stato d’emergenza nazionale, anche in raccordo con i Governatorati confinanti colpiti dallo stesso evento”.

La grandine, si sa, colpisce a macchia di leopardo, così che quasi sempre il piccolo vigneto paterno ne esce indenne.

Un anno, però, non è stato così, e il patriarca è stato intrattabile per ben due mesi, prima che una mesta vendemmia rimuovesse dai tralci le misere spoglie di guerra. Verrebbe da citare Quasimodo se, di questi tempi, i paragoni osceni tra misure sanitarie e Seconda Guerra Mondiale non abbondassero già fin troppo: come la gramigna che nemmeno la grandine riesce a estirpare.

Un contadinesco saluto.

Stan

Il castello incantato

Mia cara Berenice,

conoscerai, come tutti, la fiaba della bella addormentata nel bosco, quantomeno nella versione Disney.

Non dormiva sola, ma insieme a tutto il castello, così come gli antichi faraoni pare facessero ammazzare, alla loro morte, tutti i servitori, in modo da poter essere degnamente accuditi nell’aldilà.

Così è Roma, ma immagino l’Italia tutta, nelle settimane centrali di agosto.

Speravo che la pandemia portasse – almeno – ferie più diluite, complice il lavoro agile e la presunta crisi economica… no, ma quale presunzione? Presunzione sarebbe, da parte mia, presumere che la crisi non ci sia perché Tizio e Caia si sono infilati in qualche utilitaria e hanno guadagnato la spiaggia di Ostia. C’è poco da ironizzare e da scherzare, anche quando si scarpina per tutto il quartiere, sotto il solleone, alla vana ricerca di una sartoria aperta.

Mi sono appellato perfino al gruppo Facebook di quartiere che, solitamente, è l’equivalente contemporaneo e telematico dell’Oracolo di Delfi, ma finora senza successo.

Attendiamo trepidanti il responso. Vinceremo la guerra contro i troiani o almeno la prossima Olimpiade?

Ti scrivo dal tavolinetto del giardino, la sera almeno è piacevolissima, non escludo di riuscire a dormire a condizionatore spento.

Un rinfrescato saluto.

Stan