Mia cara Berenice,
proprio quando l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha appena dichiarato la fine della pandemia, in Italia ha subito un’aggressione il Prof. Conte, Presidente del Consiglio nel periodo più nero del COVID. È un caso, naturalmente, ma fino a un certo punto.
Il pacifismo affermatosi in Europa dopo due Guerre Mondiali rende inconcepibile ai nostri occhi che qualcuno possa essere in lutto per la fine della guerra.
Eppure, il lutto dei reduci della Grande Guerra partorì il fascismo, il lutto degli estremisti italiani per il compromesso storico partorì gli Anni di Piombo, il lutto dei vertici russi per la fine della Guerra Fredda ha partorito il conflitto in Ucraina.
Vigenti le restrizioni sanitarie, il negazionista del COVID è il combattente contro un ordine distopico mondiale; revocate le restrizioni, è l’anonimo sottoscrittore di carte bollate contro politici, funzionari e virologi per fatti passati. In guerra, il soldato è un eroe; in pace, spesso, un disadattato e un disoccupato. Nel grande scontro ideologico tra capitalismo e socialismo, il militante è protagonista della Storia; nella zuppa sciapa della politica italiana, è un orfano in coda alla mensa, non è nessuno. Prima della crisi ucraina, la Russia era una potenza impolverata e vecchio stile, sempre più ignorata da un’America concentrata sulla Cina. Ora è ancora una potenza impolverata e vecchio stile, per di più con cimiteri di carri armati accartocciati nel Donbass, ma i giornali parlano della guerra ogni giorno e la NATO, costretta a risvegliarsi dal suo lungo sonno, torna ad affilare le armi.
Zang tung tum!
Stan