Mia cara Berenice,
è passato ormai oltre mezzo secolo dal discorso di Città del Capo con cui il Primo Ministro britannico Harold Macmillan salutava “la crescita della coscienza nazionale” in Africa, apponendo il sigillo del Governo di Sua Maestà sulla decolonizzazione.
A volte, risulta difficile non pensare che sull’Africa Nera gravi un’oscura maledizione… e il pensiero corre subito al Congo, eletto a ricettacolo di paura primordiale dal celebre romanzo di Joseph Conrad, martirizzato dal colonialismo belga e poi dalla guerra.
Anche in Sudan, però, è esplosa la guerra civile tra due fazioni rivali delle Forze Armate e pure in questo caso l’eterna divisione sembra un destino genetico, esistenziale del Paese. Già ai tempi delle colonie, il Sudan era anglo-egiziano, perché nominalmente sottoposto alla sovranità congiunta di Impero Britannico ed Egitto, quest’ultimo a sua volta, in realtà, un protettorato inglese. Già a quei tempi, il Nord e il Sud del condominio erano in aspro conflitto, costringendo spesso il Ministero delle Colonie britannico a scindere l’amministrazione di quella che era di fatto una colonia.
Negli anni ’50, quando la teorica indipendenza dell’Egitto divenne effettiva, Londra si riservò il Sudan, diventato indipendente pochi anni dopo. Seguirono prevedibilmente le guerre civili, conclusesi con l’indipendenza del Sudan del Sud nel 2011. Eppure, ancora non è bastato, ed ecco, mentre ti scrivo, l’esercito regolare e i paramilitari delle Forze di Supporto Rapido darsi battaglia nelle strade della capitale Khartoum. Una centrifuga impazzita che purtroppo riflette la situazione complessiva dell’Africa, dove il modello dello Stato nazionale fatica a imporsi su strutture e realtà etniche, tribali e claniche.
Un grave saluto.
Stan