Il volto della paura

Mia cara Berenice,

non posso rivelarti da dove ho tratto l’ispirazione di questo racconto, accontentati di leggerlo.

Stan

IL VOLTO DELLA PAURA

Pagina giù, pagina giù, pagina giù. Riccardo scorse distrattamente l’interminabile file sottoposto dal laureando, in tremebonda attesa sulla sedia di fronte a lui come un budino sul carrello dei dolci.

“L’ha fatto passare all’antiplagio?” Gli domandò a bruciapelo.

“C-come?”

“Ha inserito il file nel software antiplagio?”

“Credevo andasse fatto solo alla fine”.

“Lo faccia ora. Non ha senso lavorare su un testo che, alla fine, risulterà non presentabile”.

“Ma perché, secondo lei ci sono troppe citazioni?”

“Non posso dirlo con certezza, per questo la rinvio al software antiplagio. Inoltre, tutto quello che non è virgolettato non costituisce una citazione, giusto?”

Lo studente impallidì.

“Sarà meglio fare la prova,” convenne in fretta.

“Faccia la prova,” concluse Riccardo, sorridendo. “Se è a posto, basta che me lo confermi via mail o anche su WhatsApp. Il mio numero di cellulare è…”

“Lo so, lo so,” borbottò lo studente. “Grazie, professore”.

“Si figuri”.

Riccardo attese che la serratura della porta scattasse, sbadigliò, si alzò e si stiracchiò. Erano quasi le sette di sera di giovedì e quello era l’ultimo studente. L’Università doveva essere ormai deserta. Spense il computer, raccolse le sue cose e andò a verificare se il collega Baldi aveva finito il ricevimento. La porta del suo ufficio – o meglio, dell’ufficio del suo professore, erano entrambi assistenti – era chiusa e dall’interno filtravano voci attutite.

Stava per rientrare nella sua stanza, quando gli vibrò il cellulare. Era provo Baldi e il messaggio era composto da una sola parola: “Salvami”.

Perplesso, Riccardo bussò alla porta.

“Avanti!” Rispose la voce di Baldi.

Riccardo spinse con cautela l’uscio e si ritrovò davanti un caschetto biondo tagliato con precisione geometrica. La studentessa si voltò e gli scoccò un sorriso di perfetti denti bianchi, abbaglianti quanto l’incarnato perfetto e i grandi occhi cerulei. Riccardo si sentì istantaneamente sciogliere e si chiese come andasse interpretato il messaggio di Baldi; forse non sopportava più il fremito della carne eccitato da quell’apparizione.

Mormorando qualche parola di scusa, avanzò cautamente nella stanza, cercando di rendersi conto della situazione. La studentessa indossava una tenuta che il taglio serio e istituzionale rendeva solo più intollerabile; in particolare, le gambe velate da calze e parigine erano uno strumento di sadica tortura, buono per infierire nelle carni martirizzate.

“Signorina,” proferì Baldi con voce incolore, le mani giunte, “mi dispiace non potermi trattenere oltre, ma io e il collega Silvestri abbiamo… una riunione”.

“Già, già,” confermò gravemente Riccardo. “Una riunione… dipartimentale”.

Il sorriso della studentessa non ebbe il minimo cedimento.

“Ma certo, professore!” Esclamò con voce vellutata e impostata. “Del resto, ci eravamo già detti tutto”.

Con un solo gesto armonioso, raccolse le sue cose e scomparve con una piroetta da ballerina. Riccardo ascoltò attentamente il rumore dei suoi tacchi attutirsi e poi scomparire nel corridoio, prima di lanciarsi a chiudere la porta e poi sul collega.

“Chi è?!”

“Una laureanda. Non lo vedi da te?”

“Vedo, vedo… e come mai Corrias non la riceve personalmente, una studentessa di questo… calibro?”

“Corrias non mette piede all’Università dal ’75”.

“Meglio per te, direi!”

Riccardo si chinò spudoratamente sul monitor e risalì lungo la corrente del file impeccabilmente impaginato per leggere il titolo della tesi. “L’interazione tra Autorità indipendenti internazionali, europee e nazionali nella regolamentazione dell’economia. Roba grossa. Esistono Autorità indipendenti internazionali?”

“È un punto controverso e lei lo sa benissimo: punta a farsi classificare la tesi come sperimentale”.

“Come mai? Media in bilico?”

“Macché! Ha la media del 28,7!”

Riccardo fischiò. “E chi glielo fa fare, allora?”

“È una maniaca perfezionista. Vuole essere migliore di tutti… ma l’hai vista? Non sembra neanche umana”.

“Sono assolutamente d’accordo”.

“Non fare il cretino. Io sono terrorizzato all’idea che sia interessata al dottorato”.

“Perché?!” Si stupì Riccardo.

“Ma l’hai vista? Non ha un capello fuori posto”.

“Appunto!”

“Quella ti avvelena il caffè per un posto da ricercatore!”

“E dov’è la novità? Per un posto da ricercatore lo farebbe chiunque. Tanto vale farsi ammazzare da una femme fatale”.

Baldi scosse la testa, borbottando.

“Sai chi sembra?” Rifletté ad alta voce Riccardo, portando l’indice alle labbra. “Una di quelle finte influencer create con l’intelligenza artificiale”.

“Vedo che cominci a capire,” sospirò Baldi.

“Potevi invitarla a prendere l’aperitivo con noi”.

“Sei pazzo”.

“Perché?”

“Quella registra tutto col cellulare. Ne sono sicuro. Sicuro”.

Per la prima volta, Riccardo sembrò prendere la questione sul serio.

“Dici?” Chiese.

“Dico, dico,” borbottò Baldi, cominciando a raccogliere le sue cose. “Bah… andiamo a ubriacarci”.

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