Cinquanta avvocati a Calena

Mia cara Berenice,

ti ho da poco parlato dell’attualità di Brancati, ora devo intrattenerti su quella di Jovine. Ambientato in un Molise quasi feudale, “Le terre del Sacramento” narra l’epopea di paeselli sperduti e miseri, eppure pullulanti di avvocati, pretori, ufficiali giudiziari, magistrati, laureandi in legge.

Il libro sfata, almeno parzialmente, l’idea che abbiamo dell’Italia fino al secondo dopoguerra, di un Ancien Régime in cui gli studi erano aperti a pochissimi, ma a quei pochissimi garantivano ricchezza e prestigio. I figli del popolo dotati di ingegno, spesso, riuscivano a istruirsi, grazie a reti di protezione sociale informali o alla scorciatoia del seminario. Il risultato, tuttavia, non era l’elevazione sociale, ma un sottobosco di intellettuali e professionisti impoveriti, mentre ad appropriarsi dei latifondi di un’aristocrazia decadente e inetta sono fattori, intrallazzatori, usurai, speculatori.

Viene il dubbio che chi ha premuto per la democratizzazione dell’istruzione, negli anni ’60, ne abbia dipinto un quadro semplificatorio e irreale o, quantomeno, non abbia tenuto conto di un’economia arretrata nonostante il boom, poco idonea ad assorbire e valorizzare le risorse umane più qualificate. Un problema che, in buona parte, permane anche oggi, sotto il dominio delle piccole, medio e microimprese – onorevolissime, ma che dovrebbero essere affiancate dalle più classiche, hollywoodiane, fantozziane mega-ditte.

Con osservanza.

Stan

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