Mia cara Berenice,
i cineforum ormai sono rari, perfino a Roma, complice forse il ritratto caricaturale che ne fa proprio una delle saghe cinematografiche più celebri, quella di Fantozzi. Io stesso non ne ho frequentati abbastanza per sapere se il luogo comune abbia qualche fondamento, ma, se dovessi basarmi su un episodio singolo, quello di ieri sera sarebbe decisivo.
La scena si svolge in un notissimo, storico cinema di Trastevere. Il film, sul rapporto tra baby boomer e generazioni successive, mi interessava molto.
La collocazione all’estrema sinistra dell’evento faceva parte dell’anima del luogo: se non fosse stata così evidente, mi sarei anzi sentito defraudato. I due co-registi, con le loro barbone, i loro baschi, i loro gilet e i loro pantaloni mimetici, sembravano usciti direttamente dagli anni ’60; la pellicola includeva numerosi spezzoni sgranati della loro giovinezza nella Berlino divisa.
Il film, con mio disappunto, era incentrato esclusivamente sul cambiamento climatico. Ovviamente, per i registi quest’ultimo era cominciato solo con la caduta del Muro ed era imputabile esclusivamente al capitalismo o, per usare l’espressione di uno dei personaggi, a “decenni di controrivoluzione neoliberista”; secondo un altro, le possibili alternative per l’umanità sarebbero solo due, il comunismo o l’estinzione.
Fin qui, ordinaria amministrazione, ma durante il famigerato dibattito post proiezione si è raggiunto il parossismo, quando uno degli ospiti ha lodato come unico esempio di residua resistenza le donne che si rifiutano di mettere al mondo figli; ciò è stato paragonato all’obiezione di coscienza di chi riceve una cartolina precetto. A quel punto, perfino l’attivista di Extinction Rebellion ha lamentato i toni troppo cupi.
Un funebre saluto.
Stan