Mia cara Berenice,
nel variopinto mondo dipinto dai racconti di Guareschi, molto più vasto della chiesa arcipretale di don Camillo e del Municipio di Peppone, compare fuggevolmente un certo personaggio, contraddistinto dalla ferma volontà di non lavorare. Poi, un bel giorno, viene proclamato lo sciopero generale ed egli vuole lavorare a ogni costo, compreso quello di essere pestato come crumiro.
Così sono io. Non ho mai guardato “Il Grande Fratello”, nemmeno le prime edizioni. Oggi, quando – per motivi che ti spiegherò a voce – mi viene richiesto un particolare sforzo intellettuale, sto metodicamente visionando “Il Grande Fratello VIP”, ed è tutto meraviglioso. L’assoluta oscurità ai miei occhi dei concorrenti, i fisici gonfi e siliconati, il clima rissoso degno di una vecchia osteria romana in cui si gioca a morra, con i coltelli piantati sotto i tavoli di legno, l’ineleganza delle costose tenute, il vernacolo, l’ipocrisia della produzione che sanziona moralisticamente le baruffe chiozzotte, propellente degli indici d’ascolto.
Vengono riprodotti sullo schermo, in tempo reale, alcuni selezionati commenti formulati dagli spettatori sulle reti sociali. Perfino la scenografia, di quel colore blu associato dagli anglosassoni alla depressione, sembra una valle di lacrime e salici piangenti.
Un concentrato saluto.
Stan