Mia cara Berenice,
altro fine settimana, altra scampagnata fuori Roma. Più McDonald’s che a Roma. Inizialmente mi sono chiesto: perché? Poi mi sono ricordato che McDonald’s non è di questo mondo, è qualcosa di mistico e misterioso.
Mi rendo conto che il loro modello commerciale, la loro storia e la loro fortuna si basano proprio sulla normazione rigorosa, ma come è possibile evocare lo stesso mobilio, le stesse procedure e le stesse uniformi ovunque nel mondo? È surreale.
E da cosa deriva quell’irrefrenabile desiderio infantile e adolescenziale di mangiare da McDonald’s? Non ricordo di essere stato bombardato da messaggi subliminali o campagne pubblicitarie particolarmente aggressive. Non sai nemmeno cosa mangerai, da McDonald’s, al di là di una vaga idea di hamburger e patatine. Sai solo che vuoi mangiare da McDonald’s. Pane vaporoso, salse cacofoniche, carne sottile e bruciacchiata, patatine flosce, un’unghia di ketchup. Se le stesse cose le mettesse in tavola tua madre, tu e tuo padre le respingereste con pari sdegno. Devi pure ordinare e pagare da solo ai totem, fare la fila per ritirare il vassoio di plastica in cassa e dare la caccia a un tavolinetto quadrato di finto marmo. Eppure, per fare tutto ciò, tu poppante imboccato, sei disposto a litigare con genitori e insegnanti.
Poi l’età ingrata finisce e al McDonald’s cominci ad andarci solo se sei di fretta o per accontentare tuo nipote. Non ci metti piede ormai da anni, quando ti si para davanti un esponente della generazione di tuo padre o di tuo nonno, l’indice ammonitore puntato: “Voi giovani, ormai, mangiate tutti da McDonald’s!”
Non c’è dubbio. Non è una catena di fast food, ma una setta con l’arcano potere di lacerare il tessuto della realtà.
Un inquieto saluto.
Stan