Telepatia

Mia cara Berenice,

sabato ha piovuto in modo pressoché ininterrotto, mentre domenica splendeva un bel sole. Degli amici mi hanno invitato a un trekking, ma io dormivo ancora; non se ne sono certo stupiti.

Altri amici mi avevano consigliato un certo bistrot etnico, a poca distanza da casa. Ci sono andato per pranzo.

Il titolare, di una gentilezza squisita come mi era stato anticipato, mi ha spiegato che il bistrot si sforza di percorrere in cerchio le cucine dell’intero bacino del Mediterraneo, dal Medio Oriente al Mezzogiorno d’Italia. Ecco spiegata, senza ricorrere ad ammiccamenti ai turisti, la presenza nel menù di spaghetti ai frutti di mare.

Dopo l’antipasto, mi è stato servito un maestoso, lucido cous cous di pesce con brodo di cottura a parte. Notai subito che era piacevolmente caldo, ma non bollente. Come sai, io ho sempre una gran fame e detesto mi venga messo davanti, magari dopo una lunga attesa, del cibo impossibile da accostare alle labbra.

Il cous cous era eccellente, preparato con pesce di chiaro pregio. Se proprio avessi dovuto cercare il pelo nell’uovo, ecco, gli mancava un po’ di mordente… ed ecco avvicinarsi di nuovo il titolare: “La vuole un po’ di salsa piccante fatta da noi?” Problema risolto, caffè offerto. Mi è dispiaciuto non avere ordinato anche un dolce, magari un baklava, ma ero pieno come un uovo. Mi avrebbero rivisto presto, li ho rassicurati. Del resto, è evidente che gli affari vanno bene, stanno aprendo un altro locale a Prati. Io stesso sono riuscito a trovare posto solo per essermi presentato relativamente presto e assumendo l’impegno – rispettato con ampio margine – di sgomberare il tavolo entro le due pomeridiane.

Poche cose danno soddisfazione quanto l’improvvisa, inspiegabile sintonia con uno sconosciuto, la “luccicanza” di “Shining” (USA-GB, 1980).

Da studente universitario, arrotondavo facendo l’assicuratore. Eccomi con il mio team leader, un ragazzo in giacca e cravatta con l’aria da militare, nel salottino di una casa sperduta sui colli, di fronte a un autotrasportatore e sua moglie. La donna, come si usa in Veneto, offrì del vino a entrambi, io mi schermii educatamente. Il massiccio camionista soppesò a colpo sicuro il mio pallido mucchietto d’ossa, sollevò l’indice e decretò, a colpo sicuro: “Un bicchiere di acqua minerale”. Ringraziai, sorridendo.

Un telepatico saluto.

Stan

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