Mia cara Berenice,
in questi giorni, una giovane ragazza, influencer e modella dilettante, è finita sui giornali per essersi laureata in Medicina in tempo record e con il massimo dei voti.
L’exploit mediatico, forse non casuale, ha avuto esiti misti. Da una parte, un’indubbia notorietà nazionale. Dall’altra, lo scoperchiarsi di un vaso di Pandora. Non parlo di semplici hater. È risultato che la ragazza verrebbe da una famiglia più che benestante – non è un crimine, ma ci sarebbero stati investimenti massicci sulla sua carriera e la sua immagine. Alla Facoltà di Medicina, ci sarebbero state perfino proteste formali degli studenti, dubbiosi sulla regolarità della fast track aperta per la collega da Segreterie Amministrative e Didattiche solitamente rigidissime.
L’atmosfera della vicenda era così cinematografica, da rivolta contro l’ape regina del liceo, che mi è ronzata in testa per tutta la giornata, fino a rapprendersi nelle cera e miele del racconto allegato alla presente.
Posto che, nel frattempo, la polemica è completamente sfuggita di mano e si è ingagantita, la frase di rito è di prammatica: ogni riferimento a fatti o persone realmente esistenti è puramente casuale.
Un saluto.
Stan
UNA GRANDE SQUADRA
Dietro a un grande successo, c’è sempre una grande squadra.
Non diventi la più giovane laureata in legge della Nazione e campionessa universitaria di cheerleading, il tutto mentre fai la modella in Europa, senza una granda squadra. Ci sono i tuoi genitori, i tuoi docenti, la tua allenatrice, le tue compagne di studio e di squadra. Li aveva ringraziati tutti, al discorso della cerimonia di laurea.
Poi ci sono quelli che non puoi ringraziare. Come Janson, alias ArsGratiaArtis. Janson aveva rubato delle sue foto intime e le aveva chiesto dei soldi per non pubblicarle. Normalmente non sarebbe stato così stupido da incontrarla di persona, ma lei aveva saputo essere molto persuasiva… e così il magro, smunto, pallido cacciatore era diventato preda, come le leggi di natura esigevano. Era così insignificante fisicamente che lei, un’atleta semi-professionista, aveva potuto letteralmente sbatterlo al muro: “Ora fai quello che ti dico o vai in galera. Anche se ne sarei lusingata, non ci si improvvisa hacker solo per rubare le mie foto, giusto? Chissà quanti altri sporchi segreti hai in quei PC del cazzo. Sono sicuro che la Sicurezza Nazionale ci darebbe un’occhiata volentieri. Chissà se ti processano e finisci in un carcere federale a farti inculare, Janson. Secondo me sparirai nel nulla. Ti incateneranno in un sotterraneo della CIA a craccare siti iraniani. Facciamo una prova?”
Dietro a un grande successo, c’è sempre una grande squadra. Un hacket al tuo incondizionato servizio è utile, per ungere le ruote. Puoi avere in anticipo i test che saranno somministrati a fine semestre. Puoi scoprire gli sporchi segreti di quell’asiatica che ti insidia il trono o di quel professore che, per qualche motivo, sembra essere l’unico a cui non piaci.
Dietro a un grande successo, c’è sempre una grande squadra. I giovani e zelanti addetti stampa del padre senatore avevano dato piena luce a ogni tappa della sua luminosa carriera. Peccato che si fossero rivelati dei coglioni. Quando il Paese è in crisi economica e in recessione, quando la rabbia sociale muggisce come un’onda, non è il caso di presentare una giovane di buona famiglia come Wonder Woman. Basta un attimo, perché su Internet si scateni uno tsunami d’odio.
Dietro a un grande successo, c’è sempre una grande squadra. I giovani e zelanti addetti stampa del padre erano stati licenziati e sostituiti da qualcuno di più competente, ma giustizia non era ancora fatta. Aveva ordinato a Janson di farla pagare agli hater… no, no, gli aveva dato un’opportunità, l’opportunità di creare il più grande virus della storia. Questo faceva lei, ispirare la gente. Lei aveva una visione. Un ragno delle mille zampe che individuasse sulla rete ogni commento d’odio a lei associato, lo ricollegasse all’autore e fondesse il computer di quest’ultimo. Janson aveva detto inizialmente che era impossibile, ma lei aveva saputo essere molto persuasiva. In effetti, alla fine non funzionò proprio a dovere, tanto che Janson finì col farsi arrestare. La Procura Federale gli offrì uno sconto di pena, se avesse testimoniato contro di lei, ma lei e gli avvocati di suo padre seppero essere molto persuasivi.
Poi ci sono quelli che non puoi ringraziare. Stanley, alias Cuz, le procurava le sostanze non esattamente legali necessarie perché le sue feste in piscina riuscissero a dovere. Era ovvio dovesse conoscere qualcuno anche nel penitenziario federale di Victorville. Aveva chiesto a Stanley di… no, no, di fare un favore a Janson. Janson non avrebbe mai retto in carcere, dopotutto. Questo faceva lei, aiutare la gente.