Cerbero e Beatrice

Mia cara Berenice,

la Basilica di San Pietro l’avevo visitata ben prima di trasferirmi a Roma. La Grande Sinagoga, come ti scrissi, mi ha finalmente aperto le sue porte quest’estate. Tra i templi delle Genti del Libro, non mancava che la Grande Moschea, e ho provveduto ieri mattina.

La Grande Moschea sorge su un vasto lotto di terreno ai Parioli, donato dal Comune a seguito di trattative avviate negli anni ’70 dall’Arabia Saudita.

A confermare i punti di convergenza tra Cristianesimo e Islam, è stata una visita dantesca, nel senso che l’ingresso era sorvegliato da un cerbero, un guardiano inflessibile e capriccioso.

Devi sapere che la Grande Moschea, così come la Grande Sinagoga – altra convergenza tra le Genti del Libro – si può visitare solo in gruppo, con una guida.

Con logica sfingea, quadrata ed euclidea, il guardiano sosteneva che io e la mia amica non costituivamo un gruppo, ma una coppia.

Invano abbiamo cercato di ribattere che le varie aliquote del gruppo avevano prenotato separatamente. Man mano che qualcuno si presentava, il guardiano lo spediva nell’ampio piazzale antistante la moschea, con le seguenti prescrizioni: nessuno doveva “andare in giro”, le donne dovevano da subito indossare il velo.

Ce ne restammo lì, allo spicciolata, sotto il sole dell’ottobrata romana, per una buona mezz’ora, mentre i bambini uscivano gridando e ridendo dalla scuola coranica.

Lì saremmo rimasti, credo, se la Provvidenza non ci avesse inviato la nostra Beatrice, una ragazza che, in qualche modo, riuscì ad ammansire il guardiano.

Dopo aver depositato la lista dei partecipanti in qualche ufficio amministrativo, il nostro nocchiero ci ha fatto navigare attraverso lo sterminato tappeto ceruleo della moschea e sedere a terra di fronte alla falsa porta tra due pulpiti rivolta in direzione della Mecca.

Dopo un sermone sull’Islam e sul suo allineamento giusnaturalistico con Ebraismo e Cristianesimo, non scevro da abbondanti divagazioni, ci ha invitato a porre delle domande.

Rispondeva peraltro quasi solo a quelle di Beatrice e, comunque, sempre allo stesso modo: “Non si scherza sulla religione!”

Non accennava a concludere questo bizzarro dibattito teologico, finché, a un mio sonoro “Grazie!”, ci siamo alzati e sparsi a esplorare colonnati e matronei.

Mentre ci rimettevamo le scarpe, ho ritenuto doveroso rendere omaggio a Beatrice: “Dobbiamo a te questa visita. Grazie”.

Un riconoscente saluto.

Stan

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