Mia cara Berenice,
ieri pomeriggio ciondolavo per Trastevere, alla ricerca di un posto tranquillo per leggere “Elegia americana” – altro graditissimo regalo di compleanno su cui tornerò -, in attesa di andare al cinema e poi al mercato di Testaccio.
Un posto tranquillo a Trastevere… detta così, può far sorridere… ma io vengo da anni passati a Venezia, e so che basta svoltare un paio di vicoli per passare dall’affollamento turistico a una quiete quasi surreale.
Detto, fatto. Alle pendici del Gianicolo, mi sono imbattuto perfino in un giardinetto comunale cinto da un muretto. Tre panchine, artisticamente dipinte, mi aspettavano, deserte; su una era stato abbandonato un libro di cucina.
Mi sono accomodato e – permettimi di usare un aborrito linguaggio da esperto di marketing o copywriting – la sensazione di lusso ed esclusività era tale da essere quasi straniante. Era come essere uno di quegli arcicattivi dei film di James Bond, i cui lussuosi covi servono a sottolineare sadicamente l’Apocalisse in cui intendono sprofondare il resto del mondo.
Mi aspettavo che all’unico cancello si affacciassero da un momento all’altro i miei sgherri in uniforme, trascinandosi dietro l’agente 007 con lo smoking strappato dalla violenta colluttazione.
“L’abbiamo trovato nel perimetro esterno. Una buca ha messo fuori uso la sua Aston Martin”.
“Bene, bene, bene. Il signor Bond è un uomo di mondo, ma Roma nel suo profondo è ancora una città di provincia. Posso offrirle qualcosa, signor Bond? Questo liquore viene prodotto da un monastero sui Castelli. Ho chiesto la ricetta ai frati, ma insistevano che era segreta. Così ho dovuto far saltare in aria il convento”.
“Si aspetta di impressionarmi?”
“Oh, no! Dopotutto, voi inglesi avete fatto lo stesso con Montecassino…”
Un saluto di ghiaccio tintinnante.
Stan