Mia cara Berenice,
del giovane Clint Eastwood, si diceva avesse due espressioni: con cappello e senza cappello.
Nel viaggio in treno per il Veneto, anch’io oscillavo tra due sole modalità, come regolato da un interruttore: con mascherina e auricolari, e senza mascherina e auricolari, per dare un minimo di sollievo alle orecchie. Non sono abituato a portare auricolari o cuffie, non li amo; per giunta, alla solita farmacia mi hanno dato una nuova marca di FFP2 le cui fettucce tirano terribilmente.
Mi sentivo come i marine di stanza in Arabia Saudita in “Jarhead” (USA-Germania, 2005): “La nostra attuale missione è proteggere i pozzi di petrolio dei nostri cari amici del Regno dell’Arabia Saudita fino a nuovo ordine e, signori, sto parlando di tanto petrolio, ma tanto petrolio: perciò vi idraterete, vi abituerete al deserto e vi idraterete di nuovo”.
Alla fine, però, proprio come nella Guerra del Golfo, l’azione è arrivata. Il ragazzo seduto alla mia destra mi era fin da subito riuscito simpatico, per come si era rivolto a me, ai suoi interlocutori telefonici e alle hostess. Tosto ha impostato la sveglia sul cellulare, si è infilato un paio di tappi per le orecchie ed è sprofondato in un beato sonno di piombo, da eroe, da giusto e da bambino.
Non pensavo reggesse fino all’ultimo, ma passata Padova era ancora saldamente tra le braccia di Morfeo. Così, improvvisatomi artificiere o sminatore, con la massima cautela, ho riposto le mie cose nel borsello e nello zaino, ho sollevato il vassoio davanti a me, ho fatto lo stesso con quello davanti a lui e ho cercato di scavalcarlo. Ho fallito, ma ha apprezzato così tanto che ha voluto assolutamente tirarmi giù il trolley dalla cappelliera.
Un saluto militare.
Stan