La sera del dì di fine estate

Mia cara Berenice,

oggi come ieri, i doveri di traduttore mi hanno trattenuto quasi totalmente in casa. Solo nel tardo pomeriggio ho finalmente firmato e inviato un corposo manuale sugli ordinativi di lenti a contatto mediante sistema Oracle.

Uscito finalmente per sgranchire le gambe, la frescura mi ha colto di sorpresa. Nuvole orlate di rosa acceso galleggiavano nel cielo calmo. I tavolini dei ristoranti erano affollati di avventori che di solito si rifugiavano all’interno, al riparo dell’aria condizionata, come coloro che esercitavano il diritto d’asilo concesso dalle cattedrali.

Nel suo memorabile “Quartieri alti”, Ercole Patti descrive incomparabilmente meglio di me la magia dell’autunno, quell’aria frizzante di calze al polpaccio e nuovi proponimenti. Nemmeno lui, evidentemente, amava troppo l’estate, peraltro meno infernale a quei tempi. In un altro racconto della medesima raccolta, non lesina ironia nel dipingere l’assalto del popolino alla spiaggia, delineando uno scenario che generalmente si fa risalire al dopoguerra. Patti, viceversa, tracciava un ritratto grottesco dell’Italia fascista, una satira così sottile da sembrare una filigrana.

Chissà dov’è finita, quella copia usata di “Quartieri alti” che avevo a F. Ancora la rimpiango.

Un nostalgico saluto.

Stan

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