I lussi del paesello

Mia cara Berenice,

ieri sera ho rivisto, meno distrattamente, “Un paese quasi perfetto” (Italia, 2016), remake de “La grande seduzione” (Canada, 2003) e forse tecnicamente anche di “Un village presque parfait” (Francia, 2015).

Nel film, non privo di aderenza alla situazione reale di molti piccoli Comuni italiani, un paesello delle Dolomiti Lucane cerca di rinascere, tra le altre cose convincendo un medico ad accettarvi una condotta.

Un paese di qualche centinaio di abitanti con il medico condotto? Be’, ci sono il sindaco e perfino una banca.

Utopia? Maquillage cinematografico?

Non proprio. Come ricorderai, io stesso sono cresciuto in un paese di quelle dimensioni e ne ricordo ancora i tempi di gloria, ahimè passati.

La mattina mi svegliavo e nonna mi accompagnava, zainetto in spalla, per un tratto di strada, fino al crocevia dove passava a raccogliermi il pulmino giallo del Comune; c’era perfino una hostess a bordo.

Il pulmino mi portava, insieme agli altri, fino alla scuola elementare. In classe eravamo in sei, ma c’erano la maestra, la bidella e la campanella. Venne perfino un medico in camice bianco a sprimacciarci i testicoli.

Proseguendo lungo la stessa strada, l’asse principale del paese, si arrivava fino alla chiesa parrocchiale, con la casa canonica, un parroco, un vice-parroco, la perpetua, l’oratorio e ben due appartamenti di servizio, uno dei quali per il sacrestano.

C’erano lo stradino comunale, il postino e due osterie piuttosto rinomate, una per la carne alla griglia, l’altra per la selvaggina. In entrambe, ovviamente, gli anziani giocavano a carte bevendo e smoccolando.

In corrispondenza di casa dell’altra nonna, poco sotto la chiesa, c’era perfino una stazione meteorologica. Ogni giorno, nonna doveva annotare su un questionario che tempo aveva fatto la mattina, il pomeriggio e la sera; se aveva piovuto, doveva registrare quanti millimetri d’acqua erano caduti da un apposito bidone metallico montato in giardino. Una volta al mese o l’anno, inviava il tutto in una grossa busta color ocra, esente da affrancatura, a non so quale ufficio ministeriale.

Di tutto questo, ora, non è rimasto quasi nulla… se non il ricordo, e non è così poco.

Un nostalgico saluto.

Stan

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