Mia cara Berenice,
nel bellissimo film “Grand Budapest Hotel” di Wes Anderson (USA-Germania, 2014) compare, a un certo punto, la Società delle Chiavi Incrociate, un’organizzazione segreta che riunisce i concierge dei più lussuosi alberghi della Belle Époque: l’élite dell’hôtellerie, per continuare a inanellare francesismi.
Ebbene, non so ci sia un nesso con questo gran parlare che si fa in Italia della penuria di personale nella ristorazione, ma nelle ultime settimane ho l’impressione che quasi in ogni ristorante in cui mi siedo ci sia un cameriere particolare, diverso dagli altri.
Il primo, il precursore, forse una pattuglia esplorante o un’avanguardia, l’avevo conosciuto nel ristorante che frequento abitualmente sulla Gianicolense, un ragazzo giovanissimo che mi saluta immancabilmente con un “Bentornato!”, mi fa uscire i piatti immediatamente e conosce ogni mia abitudine. Non ci avevo mai fatto caso, dopotutto sono un cliente abituale, con tanto di tessera fedeltà.
Ultimamente, però, la cosa si sta facendo più frequente.
Una sera ceno in un noto panificio di Trastevere, ci sono solo due camerieri-commessi che devono badare al bar e al banco all’interno, ai tavolini dentro e fuori. Ciononostante, un’instancabile ragazza bionda con l’accento dell’est mi presenta immediatamente un elaboratissimo tagliere.
Un’altra sera mi siedo in riva al fiume, sulla Tiberina. Il complicato menù fisso della “serata latina”, assolutamente inadatto ai clienti del Festival del Cinema che vogliono mangiare un boccone prima di andare in sala, ha mandato completamente in tilt il servizio. Ciononostante, due ragazzi prima tentano di ottenere dal Direttore l’autorizzazione di farmi ordinare alla carta, poi, fallita questa via, riescono a farmi arrivare cinque portate in nemmeno mezz’ora.
Ieri pomeriggio prendo l’aperitivo in un locale piuttosto pretenzioso al Porto Fluviale. Anche qui servizio fuori controllo, il titolare quasi caccia un rider che attende l’ordinazione. Una giovanissima ragazza si accorge che il mio drink non arriva (lo avevo sollecitato a due suoi colleghi) e provvede, si premura di farmi avere la pizza a cui ignoravo di avere diritto.
Oggi, a Eataly, un’altra cameriera mi serve impeccabilmente, indovina a colpo d’occhio il momento esatto in cui avevo deciso di pagare alla cassa e, senza interrompere la sua marcia col il vassoio in mano, si china e mi sussurra all’orecchio: “Tavolo 24”.
Per anni, anzi decenni non ho lasciato mance ai camerieri, se non durante durante il mio viaggio negli Stati Uniti. Nelle ultime settimane è diventata un’abitudine, tanto che presto attenzione ad avere con me il contante necessario.
Salute e fraternità.
Stan