Mia cara Berenice,
il provvedimento firmato dal mio medico di base dice che sono stato “riammesso nella comunità”, come un’adultera dopo il matrimonio riparatore, come un proscritto richiamato dall’esilio insulare per grazia dell’Imperatore, per intercessione di qualche senatore, concubina o liberto.
Uscire di casa dopo dieci giorni è un’esperienza straniante… d’accordo, magari non così tanto, ma abbastanza da richiamarmi alla mente il mio racconto preferito di Buzzati, “L’uomo che volle guarire”.
Ambientato interamente in un lazzaretto, il testo ci mostra il giovane e bellissimo principe Mseridon che si rifiuta di rassegnarsi alla sua sorte di infetto e prega per la sua guarigione in modo così ostinato e ardente da costringere Iddio stesso a esaudirlo.
Il medico fiscale certifica la guarigione, si sbriga la burocrazia, le sentinelle aprono la porta… ma all’improvviso, ormai sulla soglia, Mseridon trova ributtante quel mondo in cui aveva tanto sognato di tornare.
A spiegargli con le parole più semplici cosa sia accaduto è il decano del lazzaretto: la preghiera indefessa ha trasformato Mseridon in un santo, togliendogli ogni gusto per le cose del mondo. Tanto vale, a quel punto, che rientri in lazzaretto per consolare e assistere i malati.
“Su, sentinella, chiudi pure la porta, noi rientriamo”.
Un commosso saluto.
Stan