Roma contro Atlantide

Mia cara Berenice,

mentre la mia ombrelliera con il relativo contenuto sembra ormai un’opera di arte moderna, avulsa da ogni funzione pratica, i ghiacciai si accartocciano come imballi usati da inserire a forza nel cestino della carta e i giornalisti ci aggiornano sulle condizioni del Po camminando direttamente sul letto, non poteva mancare qualche negazionista della siccità e del cambiamento climatico.

Alcuni esibiscono foto e testimonianze di bacini idrici ricolmi, altri notano che il Pianeta è ricoperto di Oceani e che perfino il corpo umano è composto in prevalenza d’acqua.

I più militanti hanno lanciato addirittura il movimento dei rubinetti aperti.

Ora, sarà la necessità di sdrammatizzare, sarà l’overdose mediatica di processo Depp v. Heard, ma non riesco a togliermi dalla testa il racconto breve di seguito.

Sii paziente.

Stan

ROMA CONTRO ATLANTIDE

Anche se lo Stato Maggiore pensava già alle medaglie commemorative e ai nastrini di campagna, nei loro conciliaboli più ristretti o quantomeno a loro stessi i militari ammettevano che era stata una passeggiata o poco più.

Passato l’effetto sorpresa, l’ondata di panico e di isteria, abbattere con le armi moderne dei tizi squamosi che brandivano dei tridenti e, per giunta, risalivano il Tevere in fitta formazione a falange, quasi a offrirsi al tiro al piccione, non era stata la più strenua delle battaglie.

Già anzi qualche civile sentimentale compiangeva gli atlantidei, spinti alla loro folle, ingenua e antiquata invasione dal surriscaldamento del mare. Alcuni Ministri cavalcavano l’onda (si condoni l’espressione) e premevano perché si negoziasse con la Regina Clito, indubbiamente bellissima, eppure visceralmente detestata dall’opinione pubblica. Lo Stato Maggiore, dal canto suo, tentava di stilare protocolli per l’utilizzo di armi non letali, se non altro per prendere qualche prigioniero.

A tal uopo, per il momento, si usavano sistemi meno raffinati. Dopo che l’artiglieria aveva fatto letteralmente a pezzi un’unità atlantidea, la fanteria calava prudentemente sul letto del fiume e rastrellava i cumuli di cadaveri e membra alla ricerca di qualche guerriero ancora vivo. Individuatone uno, si badava a disarmarlo e si facevano intervenire gli NBC con le loro tute da palombari, per il successivo passaggio di consegne al Corpo Sanitario.

Quello dei portantini NBC era un compito ingrato, tra l’indossare gli scafandri con quel caldo, maneggiare l’atlantideo molle e squamoso e sorbirne il puzzo tremendo accentuato dalle ferite.

“Cazzo di schifo…” Si lamentava appunto un caporale dietro la visiera di plastica, trascinando un nobile guerriero particolarmente possente e istoriato di preziosa armatura.

“Ora ci crederai, almeno alla crisi idrica,” lo schernì il più anziano collega maresciallo.

“Ma manco per il cazzo”.

“No?!”

“So’ arrivati i pesci in centro a Roma. Dove la vedi ‘sta crisi idrica?”

“C’hai ragione!” Assentì il maresciallo, dopo una breve riflessione. “Non fa ‘na grinza. Bravo!”

Il caporale borbottò un ringraziamento, ansimando.

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...