Mia cara Berenice,
Umberto II di Savoia, l’ultimo Re d’Italia, è detto anche il Re di Maggio, perché regnò per poco più di un mese tra il maggio e il giugno 1946.
Andò così. Suo padre, Vittorio Emanuele III di Savoia, era l’uomo che aveva consegnato il Paese al fascismo nel 1922, quando Governo, esercito e polizia erano prontissimi a spedire nelle patrie galere gli squadristi male in arnese che, sotto la pioggia battente, avevano inscenato la loro marcia su Roma. Lo stesso Mussolini era talmente poco convinto di quella dimostrazione di forza che ne delegò totalmente il comando a un quadrumvirato di gerarchi e se ne rimase a Milano, convenientemente vicino al confine svizzero.
Convinto di potersi servire del Duce come scudo, il Re si ritrovò invece il suo pugnale puntato alla gola, perdendo ogni controllo delle istituzioni e ritrovandosi a firmare una lunga serie di infami provvedimenti, dalle Leggi Fascistissime alle Leggi Razziali del 1938, fino alla dichiarazione di guerra del 1940. A quanto pare, protestò vibratamente solo per una Legge del 1938 che istituiva il grado di Primo Maresciallo dell’Impero, “conferito a Sua Maestà il Re Imperatore e a Benito Mussolini, Duce del Fascismo”: un’inammissibile equiparazione che, secondo altre fonti, il Sovrano rimproverò al Duce anche all’udienza del 25 luglio 1943, in esito alla quale lo fece destituire e arrestare.
Riparato al Sud con il nuovo Governo, il Re si ritrovò davanti i vecchi partiti politici, sciolti dal fascismo e risorti come l’araba fenice; alcuni fieramente antimonarchici, tutti comunque inevitabilmente poco entusiasti nei confronti della monarchia. Nel 1944 Corona, Governo e partiti stipularono il Patto di Salerno, che costringeva l’impopolare Vittorio Emanuele a restare in carica, ma gli consentiva di delegare i pieni poteri al più rispettato erede al trono Umberto, con l’inedita formula della Luogotenenza Generale del Regno – innestata sulla preesistente Luogotenenza Generale del Re, una mera supplenza temporanea.
In un disperato tentativo di salvare la monarchia, il Re abdicò comunque un mese prima del referendum, andando in esilio volontario; non bastò a evitare la vittoria, per vero risicata, della Repubblica, ragion per cui il regno di Umberto finì così presto.
Comunque non volevo parlarti del Regno di Maggio, ma del più importante Regno di Giugno, quel periodo dell’anno in cui riesco ad avere ragione del caldo, in senso simbolico e sostanziale, non accendendo il condizionatore né a casa, né in ufficio. Devo dire che finora è stato molto facile, e siamo già all’ottavo giorno del mese. Anche le zanzare si sono viste poco, come la caccia italiana durante le incursioni aeree alleate del ’43.
Incrociamo le dita.
Stan