Mia cara Berenice,

stamane, mentre percorrevo la Gianicolense, un tizio male in arnese mi ha fermato per chiedermi dove fosse il Bangladesh. Ci ho messo un poco a capire che cercava un minimarket e gli ho indicato il più vicino, oltre Piazza San Giovanni di Dio.

Un paio di orette dopo, rifacendo la strada nel verso opposto, l’ho incrociato; aveva in mano una grossa bottiglia di birra e parlava animatamente da solo.

Forse non gli ho reso un buon servizio, avrei fatto meglio a dargli una risposta diversa.

“Il Bangladesh, caro signore, si trova sulla parte orientale del subcontinente. Noto nell’era coloniale come Bengala, alla concessione dell’indipendenza all’India nei tardi anni ’40 fu assegnato al Pakistan, in quanto la sua popolazione era in maggioranza musulmana, pur essendo fisicamente separato dal Pakistan attuale, di cui costituiva un corposo avamposto orientale.”

“Nei primi anni ’70, a seguito di una guerra d’indipendenza fortemente sussidiata dall’India, divenne indipendente con l’attuale denominazione, che letteralmente significa Terra dei Bengalesi.”

“Estremamente povero, il Bangladesh è interessato da una forte emigrazione. In Italia i numeri bangladesi – spesso chiamati ancora bengalesi o bengalini, all’uso coloniale -, sono associati ai minimarket facenti orario continuato talvolta anche notturno, noti in gergo come bangladini.”

“Sono stati loro dedicati il film ‘Bangla’ (Italia, 2019), da cui è stata tratta una serie televisiva.”

Il mio bangla, lo stesso che ho indicato a quel signore, ha prodotti di gran marca. Il titolare trova bizzarro che io preferisca usare la mia sporta di stoffa personale, all’uso belga, rifiutando sistematicamente le sue borse di plastica.

Memsahib, i miei omaggi.

Stan