Il cacciavite elettrico

Mia cara Berenice,

ieri sera ho guardato “L’arte della truffa” (USA, 2019), con Emily Ratajkowski, nella speranza che fosse una chicca trash simile al celebre “Facile preda” (USA, 1995), con William Baldwin e Cindy Crawford.

In quest’ultima pellicola, la Crawford è un avvocato divorzista braccato da mercenari russi e protetto da un poliziotto. La scena in cui seduce un giovanissimo Scott Michael Campbell richiama alla mente e ha probabilmente ispirato il famigerato spot di GoDaddy per il Super Bowl 2014, con Jesse Heiman, Danica Patrick e Bar Rafaeli.

Ne “L’arte della truffa”, la Ratajkowski è un’attrice caduta in disgrazia per aver rifiutato le avance di un produttore che trova il suo riscatto grazie a un ladro d’arte.

Purtroppo, il film non fa digrignare i denti abbastanza per ascendere all’Olimpo e solo l’educazione siberiana impartitami da un padre factotum mi ha indotto a storcere il naso, vedendo il protagonista usare un cacciavite elettrico. Niente è meno virile di un cacciavite elettrico. Non te la meriti Emily Ratajkowski, ragazzo.

Potresti chiedermi perché, ma certe cose non si possono spiegare. Un giorno remoto, mio padre mi mise in mano un secchio di vernice, un pennello e mi chiese di ridipingere la vecchia panchina di legno che ancora troneggia, rugosa decrepita e accigliata, nel giardino della vecchia casa di F. Poco dopo si riprese gli arnesi e mi disse: “Smetti. Preferirei vedere la casa che brucia”.

Brucia Ilio!

Stan

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