Potere morbido

Mia cara Berenice,

oggi era previsto maltempo, con una finestra soleggiata a cavallo del mezzogiorno, e devo dire che gli uomini dell’Aeronautica ci hanno azzeccato perfettamente.

Ho pertanto deciso di recarmi alla Fiera di Roma, dove si tiene in questi giorni il Festival dell’Oriente. Raggiungere la Fiera da casa mia, come ricorderai, è comodissimo. Basta uscire, attraversare il parco, prendere il tram fino alla Stazione di Trastevere e, da lì, un treno regionale per l’aeroporto di Fiumicino, scendendo due fermate prima dello scalo. A quel punto, basta attraversare i binari sul sovrappasso pedonale e ci si ritrova all’Ingresso Nord.

Gli organizzatori non avevano attivato in tempo l’acquisto online dei biglietti, tuttavia gli operatori erano efficienti e la lunga fila è stata rapidamente incanalata all’interno dei tre padiglioni.

La qualità dell’evento non era eccelsa, soprattutto per i parametri romani, ma si applica lo stesso principio su cui poggia la mia fedeltà alla TV in chiaro: a ben setacciare, qualche pagliuzza d’oro si trova.

Ad alzare il livello erano soprattutto alcuni stand cinesi che, pur non dichiarandolo, facevano pensare a un imprimatur del Governo di Pechino: uno, ad esempio, esibiva alcune uniformi storiche dell’Esercito Popolare di Liberazione e delle Guardie Rosse, sotto lo sguardo vigile del Presidente Mao.

Era un unicum, tutto il resto appariva affidato all’iniziativa privata più o meno qualificata.

La sollecitudine del Governo cinese nel presidiare un evento non propriamente strategico non mi ha stupito affatto: Pechino tiene molto al potere morbido, come dimostrato dalla fittissima rete di Istituti Confucio. In Italia, hanno aperto i battenti a Roma, Napoli, Torino, Pisa, Bologna, Venezia, Padova, Milano, Macerata, Firenze, Gorizia ed Enna; in Australia, la proliferazione è tale da aver fatto scattare una commissione parlamentare d’inchiesta.

Cos’è il potere morbido o soft power? La capacità di un Paese di suscitare benevolenza ed esercitare influenza culturale. Per le sue peculiari caratteristiche, il potere morbido è spesso proiettato da attori privati, anziché pubblici: si pensi al soft power detenuto dagli Stati Uniti grazie a Hollywood e alle multinazionali.

Forse proprio per questo, la statalizzata Cina fatica ad accrescere il suo soft power che, nonostante il maggior peso specifico del Paese, non mi pare al momento paragonabile a quello proiettato da Corea del Sud e Giappone. Questi ultimi sono riusciti a ritagliarsi in Occidente vere e proprie sottoculture che, da una parte, non possono essere più considerate di nicchia, dall’altra riescono spesso a suscitare una devozione rasentante il fanatismo.

Le difficoltà cinesi, viceversa, sono certificate da un rapporto del 2021 della Rete dei Centri di Studio Europei sulla Cina, scaricabile dal sito dell’Istituto Francese di Relazioni Internazionali.

Un timido saluto e un risolino.

Stan

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