Mia cara Berenice,

te lo ricordi il tenente Colombo? Da piccolo, io lo guardavo assiduamente e mio padre oscillava tra l’irritazione per la mia ipnosi e l’apprezzamento per quel geniale metodo passivo-aggressivo di pressione sui sospettati.

Ricordo nitidamente due puntate in particolare.

In “Donne pericolose per il tenente Colombo”, con Faye Dunaway, l’investigatore subisce il fascino della sua preda e lo affoga spezzettando cracker nel chili.

Ne “La signora in nero”, una tranquilla sessuologa viene trasformata in una spietata femme fatale, quando sente casualmente il fidanzato fedifrago paragonarla a un “budino di riso”.

Nell’Ufficio del Primo Ministro, i riferimenti a questo particolare dolce abbondano. Sotto Pasqua, la condivisione di una pastiera ha innescato una lunga discussione sulle varianti del dessert partenopeo: pastiere dolci, salate, con i maccheroni, col sangue di maiale e, naturalmente, con il riso.

Uno dei piatti fissi del bar interno, inoltre, è il riso in bianco, che io personalmente non disdegno affatto.

Gettando lo sguardo fuori dalla finestra, oltre il monitor, poi, si può affondare il cucchiaio degli occhi nel cielo di questa primavera insipida, timida e lattiginosa, più fredda che calda, calda solo per colpire a tradimento con qualche sbalzo di temperatura. Una sbobba da ospedale o da casa di riposo che, peraltro, rimpiangerò amaramente quando, magri sul principiare di maggio, il sole sfodererà improvvisamente la sua lancia, configgendola nel cemento di Roma e lì lasciandola, monumento ammonitore della poca regalità umana, fino a settembre inoltrato.

Un dimesso saluto.

Stan