Mia cara Berenice,
ti scrivo da quello che viene comunemente chiamato lo Stretto di Messina, pur trovandomi a Reggio Calabria.
Sono sceso con il Treno ad Alta Velocità della solita compagnia, che ha aggiunto questa tratta, per la quale precedentemente ero costretto a ricorrere alle Ferrovie di Stato.
In aggiunta ai due spuntini offerti dall’equipaggio, avevo con me un vassoio di sushi e una confezione di mochi. A Reggio, mi aspettava pizza fatta in casa, anticipatami in forma fotografica.
Il treno si è fermato a Rosarno, tristemente famosa per uno scandalo di caporalato nella raccolta dei pomodori. Successivamente, a Villa San Giovanni, il convoglio si è praticamente svuotato: da Villa, infatti, partono i traghetti per la Sicilia. Reggio, del resto, non è più la sede del Governatorato, spostata a Catanzaro in una delle pagine più nere del pur nutrito carnet della Prima Repubblica. A Reggio, capoluogo morale, ci furono violente sommosse, con l’intervento dell’estrema destra e dell’esercito.
Mi avevano avvertito di non abbigliarmi troppo da turista tedesco, perché la primavera quest’anno è una fanciulla timida ed esitante. Il cielo è lattiginoso, l’Etna una silhouette incerta, ma il cuore ardente del vulcano e dei calabri è incorrotto.
Buona Pasqua.
Stan
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