Mia cara Berenice,
non immaginavo che all’Accademia delle Belle Arti di Vienna si disegnassero loghi di catene di pizzerie.
Non ho alcun problema a corrispondere con la tua amica e il suo gruppo di lavoro per orientarli, ma sappi che non sono assolutamente un esperto in materia. Solo per darti un’idea di quanto complessa essa sia, mi limiterò alle nozioni che ho acquisito trasferendomi dai Colli Euganei a Roma.
La summa divisio è quella tra pizza tonda e pizza a metro.
La pizza tonda si mangia seduti al ristorante o in pizzeria. Quella napoletana, che si trova in Campania o più raramente nella capitale, è spessa, soprattutto intorno al bordo; quest’ultimo è detto “cornicione” e può essere anche ripieno. La pizza romana, la stessa che si serve al nord, è molto più sottile, croccante e uniforme, con un bordo appena accennato e mai ripieno.
La pizza a metro è un piatto di street food, adatto all’asporto e al passeggio. Al nord è alta e spugnosa, e viene servita in riquadri già tagliati. A Roma tende a essere più simile alla pizza tonda e viene tagliata sul momento, utilizzando grosse forbici, secondo le indicazioni del cliente, pesata e prezzata: è, insomma, la vera pizza “a metro” o “al taglio”.
Questi sono solo elementari cenni tassonomici da un regnicolo nato a mille miglia dalle roccaforti della pizza e che, in generale, preferisce la pasta.
Fatta questa limitazione di responsabilità (disclaimer, direbbero gli anglosassoni), ti ribadisco la mia disponibilità e ti saluto.
Stan