Mia cara Berenice,
diversamente da quanto tu sostieni, in Italia scioperi e manifestazioni seguono regole e cerimoniali ben precisi.
Delle manifestazioni, in base al Testo Unico di Pubblica Sicurezza del 1931, bisogna dare il preavviso alla Questura, che prenderà i provvedimenti conseguenti e, in determinati casi, potrà vietare l’iniziativa. Degli assembramenti non autorizzati “è ordinato il discioglimento con tre distinte formali intimazioni, preceduta ognuna da uno squillo di tromba”.
Gli scioperi indetti nei settori strategici sono sottoposti alla giurisdizione della Commissione di Garanzia, che promuove l’adozione di Codici di Autoregolamentazione e, in mancanza, emana Regolamenti Provvisori. Quello applicabile al settore elicotteristico, ad esempio, disciplina le procedure di raffreddamento, i periodi di franchigia, gli avvenimenti eccezionali, il preavviso, la proclamazione, l’intervallo tra scioperi, le prestazioni garantite, perfino la mappatura – qualunque cosa significhi.
Il Ministero per la Pubblica Amministrazione, inoltre, mette a disposizione un Cruscotto degli scioperi nel settore pubblico, una sorta di tabellone ferroviario virtuale aggiornato in tempo reale.
Come sempre, peraltro, le regole veramente importanti sono quelle non scritte: ad esempio, che scioperi e manifestazioni si svolgono di venerdì. “Si riposò il settimo giorno da tutta l’opera che aveva fatto”; e lo shabbat ebraico comincia appunto con il tramonto di venerdì.
Per l’appunto, venerdì sono uscito di casa per recarmi al Ministero e, vedendo passare in rapida successione un tram e un autobus fuori servizio, ho compreso immediatamente quanto stava accadendo. Avutane conferma dall’apposita app, sono rientrato a casa e ho comunicato all’Ufficio Affari Generali che avrei lavorato da remoto, unica modalità utile per non perdere un’importante riunione in programma per le 9.30.
Grandissima è invece stata la mia sorpresa ieri, domenica. Stavo tornado dal centro storico sul Tram 8, quando quest’ultimo si è fermato poco prima del Ministero. L’autista è uscito dalla cabina e ha annunciato, piuttosto melodrammaticamente: “Signori, finisce qui! C’è una manifestazione!”
I passeggeri sono scesi borbottando. Il cielo scuro della sera ancora invernale, nonostante le temperature miti, era striato di fumogeno cremisi e un fitto cordone di agenti della Celere ci dava le spalle imbottite. Sui gradini del Ministero, una folla compatta di studenti, arringata da un ufficiale politico armato di megafono, protestava contro la morte sul lavoro di uno stagista curricolare e il capitalismo in generale. Sui tozzi blocchi di pietra chiara che delimitano le aiuole del Ministero erano stati disegnati con la vernice nera falci, martelli e simboli anarchici.
Ho proseguito a piedi lungo il Viale di Trastevere. A una fermata dell’autobus, ho notato un’anziana signora e una famiglia di indiani discutere animatamente. Mi sono accostato per avvertirli.
“Signori, credo che i mezzi avranno difficoltà a passare: c’è una manifestazione”.
La loro risposta è stata unanime, corale, scevra di inflessioni tanto vernacolari, quanto esotiche: “A quest’ora?!”
Non ci volevano credere, dovetti assicurare loro che venivo direttamente dal luogo dei fatti, che io stesso ero stato fatto scendere dal tram.
Un imprevisto saluto.
Stan