Mia cara Berenice,
sabato sera dovevo cenare con degli amici a Eataly, ma un paio d’orette prima ha avuto un attacco di fame e ho deciso di prepararmi qualcosa che, volendo essere pretenziosi, potremmo definire un aperitivo, mentre io preferisco chiamare spuntino.
Avevo a portata di mano dell’ottimo pane, del pregevole squacquerone e un graziosissimo vassoio di legno chiaro, ottimo in casi del genere e quando vuoi mangiare un boccone senza spostare il computer dal tavolo della zona giorno.
Lo acquistai in Belgio, dopo aver constatato che gli usi locali non prevedevano l’uso delle tovaglie.
Del resto, ero stato preparato ai costumi del Benelux dal mio soggiorno in Olanda, ai tempi dell’assistentato universitario. L’Accademia dell’Aja mi procurò una camera ammobiliata in casa di un’anziana pensionata che, dopo avermi accolto con una quiche lorraine, mi chiese se desiderassi anche dei pomodori. Alla mia risposta affermativa, staccò alcuni ciliegini da un raspo appeso al muro e me li lanciò attraverso il tavolo. La sua cucina si componeva di due elementi, un fornelletto e un rubinetto che, con l’aiuto di un dispositivo integrato, riusciva a eruttare l’acqua a una temperatura incandescente, tanto che per lavare i piatti bisognava usare delle pinze.
A ogni modo, era davvero uno splendido vassoio e, nel tornare in Italia, trovai il modo di incunearlo in uno dei due trolley che contenevano il mio treno di bagagli per il rigido inverno belga. Ora, quel legno si indora al sole di Roma.
Non è poco, a ben vedere, quello che ho portato a casa da Bruxelles: l’abitudine di fare la spesa giornaliera al Carrefour e altre cose più preziose.
Oltretutto, a un tiro di sasso dal Ministero c’è una famosa boulangerie-pâtisserie.
Au revoir, Shosanna!
Marco