Mia cara Berenice,
il noto blog Giallo Zafferano definisce il pastrami “una specialità gastronomica ebraica di origine balcanica, esportata nei primi del ‘900 in America. In pochi decenni diventa lo street food per eccellenza, un sandwich dal gusto inconfondibile a base di carne tagliata sottile, pane di segale e verdure come crauti o cetriolini, formaggi e senape. La carne usata solitamente è quella di manzo, nello specifico la punta di petto (brisket) che tramite un procedimento lungo e meticoloso viene prima messa in salamoia per minimo 24 ore, poi affumicata ed infine cotta al vapore”.
Sul sito Dissapore, Cristina Scatena lamenta come il pastrami, a differenza di altre specialità esotiche, sia pochissimo distribuito in Italia.
Non si può negarlo, io stesso, dacché sono al mondo, l’ho mangiato solo due volte, entrambe a Roma.
La prima volta, nel bar dell’atrio di un teatro, in attesa di assistere allo spettacolo “Tutta casa, letto e chiesa” di Dario Fo e Franca Rame, con Valentina Lodovini sul palco.
La seconda volta oggi, nel ristorante della catena della chef Cristina Bowerman all’interno di Eataly, all’Ostiense, tra due fette di croque monsieur, a coronamento delle compere natalizie nel reparto latticini.
In entrambi i casi, un’esperienza strepitosa.
Immagino lo servano anche al Ghetto, magari nel bizzarro e americaneggiante Fonzie.
E al Ghetto di Venezia? Anche lì, ovviamente, me ne dà conferma il portale Restaurant Guru.
Un gustoso saluto.
Stan