Mia cara Berenice,
ignoravo che oggi ricorresse l’anniversario della dichiarazione di guerra degli Stati Uniti all’Impero Austro-Ungarico, ero più concentrato – come tu stessa immaginavi – sull’ottantesimo dell’attacco di Pearl Harbor.
“Tanto era ovvio che avrebbero vinto i tuoi amici yankee,” scrivi… ebbene, è facile dirlo nel 2021, meno nel 1941. Gli Stati Uniti si trovarono in grave, seppure transitoria difficoltà e l’ondata di panico che li percorse non nasceva dalle allucinazioni di qualche casalinga sulla Costa Occidentale, ma aveva radici profonde nell’isolazionismo nazionale.
Certo, è inevitabile chiedersi perché il Giappone prese questa clamorosa decisione. Tokyo voleva il petrolio, e poteva trovarlo nelle Indie Orientali Olandesi: perché non attaccare solo quelle, unitamente alle altre colonie occidentali, in linea con la retorica anti-imperialista della Sfera di Co-prosperità della Grande Asia Orientale?
Gli Stati Uniti, nati da una guerra d’indipendenza contro la Gran Bretagna, sarebbero venuti in soccorso di imperi coloniali europei che ufficialmente condannavano? A essere condannato, in realtà, era solo il colonialismo altrui, e solo nelle Americhe. Gli Stati Uniti avevano annesso nel modo più tradizionale Portorico, le Filippine e le Hawaii, oltre a proiettare una sfacciata sfera d’influenza sull’America Latina.
Io credo che sì, sarebbero intervenuti a difesa delle colonie europee nel Pacifico, semplicemente perché un inveterato pregiudizio razziale li aveva convinti che quella contro il Giappone sarebbe stata guerra da poco, da operetta, guerra coloniale appunto, non paragonabile al feroce conflitto riaccesosi in Europa.
Non si spiega altrimenti la leggerezza con cui Stati Uniti e Impero Britannico imposero al Giappone un embargo petrolifero che avrebbe inevitabilmente portato alla deflagrazione. A Washington, opinione pubblica e Congresso non protestarono. A Londra, nessuno batté ciglio all’idea di aprire un fronte sul Pacifico con la Germania attestata alla Manica e l’India Britannica scossa dal movimento indipendentista.
Da quasi un secolo, il Giappone si batteva per ottenere il rispetto degli occidentali. Aveva sacrificato la sua civiltà feudale per diventare una Nazione moderna e tecnologica. Aveva sbaragliato l’Impero Russo, in modo umiliante, nel 1904-05. Aveva snudato la spada nella Grande Guerra del 1915-18, spazzando via colonie e presidi tedeschi.
Eppure, la Conferenza Imperiale del 1921 deliberò clamorosamente di non rinnovare l’Alleanza Anglo-Giapponese del 1902, facendo scivolare il Paese nipponico lungo un piano inclinato che l’avrebbe infine fatto precipitare nell’Asse.
Nulla di tutto ciò, naturalmente, giustifica la guerra di annientamento che il Giappone intraprese in Cina e in tutto l’Estremo Oriente, sfruttando e pianificando cinicamente fenomeni sociali come la criminalità organizzata e lo spaccio di sostanze stupefacenti per sottomettere le popolazioni conquistate.
Osaki ni shitsurei shimasu.
Stan