Mia cara Berenice,
il movimento antivaccinista italiano, dopo il grafene e le cure domiciliari precoci, ha scoperto un’altra tarte à la crème: l’istruzione parentale, nota nell’anglosfera con il più ecumenico termine “homeschooling”.
Posto che l’istruzione parentale può svolgersi con modalità collettive, starebbero sbocciando lungo la Penisola “scuole” organizzate dalle famiglie, per lo più nei boschi.
La legge lo consente, purché chi organizza questo tipo di istruzione domestica dimostri di avere “la capacità tecnica ed economica” per impartirla; gli studenti, inoltre, devono sottoporsi a un “esame di idoneità per il passaggio alla classe successiva in qualità di candidati esterni presso una scuola statale o paritaria”.
Purtroppo, come spesso accade in Italia, la normativa sul tema è stratificata e non chiarissima. Il potere e dovere di vigilanza è attribuito al Preside della scuola presso cui è iscritto lo studente (ma se non fosse iscritto?) e al Sindaco (in quali rapporti rispetto al Preside?).
Altrove, è previsto che la famiglia o chi ne fa le veci debba presentare una comunicazione annuale al Preside “del territorio di residenza”. Qual è questo territorio? Il Comune? E se nel Comune non ci fossero scuole? E se ce ne fossero più di una?
Non è chiaro, infine, cosa dovrebbero fare il Preside o il Sindaco qualora risulti mancante “la capacità tecnica ed economica” o in caso di mancato superamento dell’esame annuale. Lo studente viene iscritto d’imperio alla scuola pubblica? Deve ripetere l’anno? Può ripeterlo in regime di istruzione parentale?
Sarebbe opportuno, a mio parere, un intervento legislativo o quantomeno ministeriale.
Un saluto.
Stan