Taxi!

Mia cara Berenice,

ricordi quella volta, sulla Costa Amalfitana? Pagammo una somma esorbitante il taxi che ci portò dall’albergo alla stazione… intendo una somma esorbitante per le mie tasche, ovviamente…

Non c’è nulla da fare, il taxi è un concetto anglosassone, nei Paesi latini non funziona a nessun patto.

Quando feci la mia canonica trasferta adolescenziale a Londra, rimasi stupito vedendo le strade della capitale dell’Impero così spoglie di auto private, fatta eccezione per qualche Rolls-Royce nella City: non si vedevano che autobus rossi e taxi neri, maestosi nelle loro carrozzerie retrò.

Anche nei film americani, è tutto così facile… si alza il braccio e immediatamente un’auto gialla accosta: devi solo sperare di non trovarci il giovane Robert De Niro al volante.

In Italia, i taxi si evitano come la peste, perché hanno fama di essere costosissimi e non sempre perfettamente ligi alle regole.

In questi giorni stanno protestando, come da copione, contro il Disegno di Legge di Concorrenza del Governo.

Anche a Bruxelles, l’Autorità giudiziaria ha bloccato sine die le attività di Uber.

Siamo dunque, noi latini, irriducibili avversari del mercato? I discendenti delle Repubbliche marinare avrebbero ceduto il libro mastro ai levantini, a cui viene proverbialmente attribuita spietata astuzia negli affari?

A volte, la spiegazione è più semplice e prosaica.

Spesso si ha l’impressione che in Italia, nell’importare concetti stranieri come le riforme liberali, lo si faccia con un certo fanatismo esterofilo e ideologico, anziché calarli nel contesto locale con il supporto di un solido approccio scientifico.

Prendiamo, ad esempio, la liberalizzazione del trasporto pubblico di passeggeri su automobile.

Anche il mondo anglosassone, generalmente, lo regolamentava tramite licenze contingentate rilasciate dai Comuni, secondo un sistema affatto simile a quello italiano. In alcuni ordinamenti, le licenze taxi sono cedibili, in altri no. In ogni caso, hanno un valore commerciale.

Si è dibattuto, pertanto, se la liberalizzazione dell’attività prima coperta da licenza dovesse essere accompagnata dalla corresponsione di indennità ai taxisti; in Australia si è proceduto appunto in questo modo. Non ovunque e, secondo molti esperti, non è la soluzione corretta.

Tuttavia, è bizzarro che una simile eventualità non venga nemmeno discussa in un Paese come l’Italia, dove le proteste dei taxi sono ormai diventate un rituale ricorrente e dove si è soliti risolvere tutto a suon di elargizioni dell’Erario, oltretutto rimpinguato da una effimera – temo – stagione delle vacche grasse.

Un romanesco saluto.

Stan

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