Mia cara Berenice,
sono lieto che il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza austriaco intenda finanziare la tua Rete per la Sensibilizzazione all’Interconfessionalismo: mi pare un’ottima iniziativa che si colloca pienamente nel solco delle tradizioni imperiali austro-ungariche.
A me, viceversa, il Piano italiano suscita soprattutto apprensione.
Esso vale settecentocinquanta miliardi di euro – dato tratto dal Piano stesso, licenziato dal Governo e approvato dalla Commissione.
Il Piano dura da qui al 2026. Quindi, considerando che il 2021 è ormai agli sgoccioli, di fatto cinque anni.
Ordinariamente, l’Italia fatica a spendere poco meno di trentaquattro miliardi di euro di Fondi Strutturali e di Investimento europei in sette anni.
Si rafforzerà la macchina amministrativa, dirai tu.
Speriamolo.
Finora, è stato bandito un concorso per cinquecento assunzioni a tempo determinato. Si tratta, è vero, di una goccia in un mare di concorsi alluvionali e frettolosi, quasi si fossero spalancate la cateratte del cielo dopo anni di blocco delle assunzioni; queste ulteriori risorse, tuttavia, non lavoreranno sul PNRR, se non in casi singoli ed eccezionali.
È stata altresì istituita una banca data di curriculum, pomposamente ribattezzata “il LinkedIn della Pubblica Amministrazione”; mi sono iscritto io stesso, ma non è affatto chiaro in che modo verrà usata.
La consolidata prassi relativa ai Fondi SIE prevede che l’Amministrazione, per colmare i suoi deficit, si faccia supportare da società esterne, spesso grosse società di revisione, il cui compenso può essere pagato utilizzando i Fondi stessi. Questa possibilità, per il PNRR, non è prevista. Da un lato, è lodevole cercare di emancipare la macchina statale dalle costose e ingombranti consulenze esterne; dall’altro, non basta cancellare queste ultime con un tratto di penna, senza prevedere sistemi alternativi di potenziamento che non si vedono all’orizzonte.
Uno scaramantico saluto.
Stan
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