Mia cara Berenice,
ieri sera ero in coda alla cassa del supermercato. La signora prima di me voleva pagare con il Bancomat, ma il POS continuava a risputarle in faccia il PIN; dopo il terzo tentativo infruttuoso, è subentrato il figlio e l’operazione è andata a buon fine.
Mi ha ricordato quella fatale, fantozziana giornata in cui andai a ritirare il mio portatile dai servizi informatici della Commissione, a Bruxelles, e mi venne richiesto di inserire una complicatissima password usando la tastiera belga. Quando è diversa la tastiera belga da quella italiana? Molto, fidati, soprattutto se sei alle prese con un codice alfanumerico e nessuno può assisterti per le disposizioni anti-covid, e chi finalmente ti assiste non è particolarmente sveglio.
Questa digressione per esprimere quanto sia lungi da me deridere la povera signora, anche perché, in quanto funzionario del Ministero, mi trovo in una situazione ben peggiore della sua.
Dicono che, nei tempi arcaici e mitici dell’Amministrazione, il Direttore Generale del Personale si piazzasse in piedi accanto ai cancelli, ogni mattina, per verificare chi c’era e chi non c’era, chi era puntuale e chi in ritardo.
Oggi, sperabilmente, i dirigenti di prima fascia hanno altro da fare e sono stati installati i tornelli.
Infine è venuta la pandemia, di cui i predetti tornelli sono diventati sgraziati e grotteschi totem.
Prima è stato ficcato loro in testa un tablet che verifica, non senza una certa approssimazione, se chi timbra indossi la mascherina e abbia una temperatura corporea entro i parametri.
Più di recente, all’altezza del torso o della spalla, è spuntata loro un’orrida escrescenza alla Quasimodo che dovrebbe leggere, in rapida successione, il tesserino identificativo e la certificazione verde.
La prima parte dell’operazione va generalmente a buon fine, a patto di estrarre il tesserino dal portafogli e tenerlo posato per tre secondi sull’ostile, aliena superficie metallica. La seconda parte richiede che il codice QR della certificazione sia visualizzato, ma non ingrandito, che la luminosità dello schermo sia al massimo, che lo schermo stesso sia posizionato a quindici centimetri di distanza dal lettore e che non ci siano riflessi di alcun tipo, motivo per cui sono state aggiunge, artigianalmente, delle alette di cartone.
C’è chi ancora ci prova, chi sostiene che i tornelli degli ingressi secondari siano più malleabili, chi va diritto dai portieri a farsi controllare la certificazione e aprire manualmente.
Il tutto ricorda terribilmente la scena de “Il primo cavaliere” (USA-GB, 1995) in cui Richard Gere affronta una perigliosissima giostra meccanica per aggiudicarsi un bacio di Julia Ormond.
A chi ha più o meno la mia età, invece, vengono in mente quei videogiochi detti “avventure grafiche”, in cui bisogna posizionare un frammento di specchio in un preciso pertugio a mezzanotte in punto, in modo che la luce della luna piena colpisca un certo manufatto e, aprendo un passaggio segreto, porti allo scoperto un dato dispositivo, da far scattare per accedere a un ulteriore passaggio segreto.
Un eroico saluto.
Stan