Mezzi, movente e opportunità

Mia cara Berenice,

al termine di una domenica in cui il tempo stupendo mi ha spinto a trottare un po’ troppo, ti allego un racconto ispiratomi dal ritrovamento di un paio di mutandoni (ben diversi da quelli infra descritti) nel mio giardino.

Un torrido saluto.

Stan

MEZZI, MOVENTE E OPPORTUNITÀ

Ambito da molti, il lavoro agile può anche essere pesante, soprattutto se si protrae ininterrottamente dal 2020 per entrambi i componenti di una coppia convivente in un piccolo appartamento suburbano.

L’appartamento, sito al piano interrato di un condominio, dispone di un piccolo giardino su cui spiove un altissimo muro di cemento inzuppato di umidità che dà sulla strada sovrastante, raggiungibile tramite un contorto sistema di scalette e passerelle di cemento.

Questo rende il giardino stesso simile, per molti versi, al fondo di un pozzo o di una cisterna, ma Mirta lo tiene comunque con cura e amore, raddoppiati dall’inizio del confinamento.

Quando non sopporta più di vedere la faccia rabbiosa della sua capufficio sullo schermo e quella inespressiva di Santo oltre lo schermo, disattiva la videocamera ed esce, con la scusa di innaffiare le piante o fumarsi una sigaretta.

In quel buco umido i vestiti si asciugano con calma olimpica, per cui gran parte dell’esiguo spazio a disposizione è quasi sempre occupata dai due stendini, a rinforzo del filo della biancheria creativamente tirato in modo obliquo, nella bizzarra e onirica geometria di quella fossa.

Mirta si accende la sigaretta elettronica (dicono faccia meno male, e lei ha bisogno di fumare sempre più spesso) e il suo sguardo, vagando distrattamente, cade su un paio di mutandine di pizzo nero infilatesi proprio a cavallo del filo metallico dello stendino.

Sembrano addirittura stese insieme al resto, anche se sono ovviamente precipitate dai piani superiori. L’idea che lei possa indossare un simile capo di biancheria intima la fa ridacchiare amaramente; la possibilità che Santo abbia un amante, ancora di più.

Eppure…

Estrae il cellulare dalla tasca dei jeans e scatta una foto.

In fondo, perché no?

In fondo, lei va comunque in ufficio il martedì e il giovedì, e perfino i sassi sanno che, tra lei e Santo, tira aria di burrasca, che lui aspetta con ansia quei due giorni di sua assenza per respirare. Perché non potrebbe averli impiegati utilmente per sfogare la sessualità repressa? E la giovane, procace, focosa amante non potrebbe aver lasciato in giro un paio di mutandine che lui è stato poi così stupido da gettare nel cestino della biancheria? Oppure… oppure la ragazza potrebbe averle infilate a bella posta, per provocare la rottura definitiva con la convivente ufficiale.

Niente scena madre, no, non sarebbe credibile. Sistema meglio la mutandine sul filo e chiama: “Santo?”

“Sì?”

“Puoi venire un attimo, per favore?”

Santo si trascina fuori. Forse ha un presentimento, forse no, comunque non gli importa. Nel riquadro della portafinestra, la fissa con lo stesso sguardo acquoso che riserva allo schermo del portatile.

“Santo, di chi sono queste mutandine?”

Santo si accosta allo stendino.

“Saranno cadute…”

“Cadute da dove?”

“Dai piani di sopra”.

“In questa posizione?”

“Non saprei… non sono tue?”

“Ah, mie no di certo, Santo”.

Santo scrolla la zazzera, fa dietrofront e scompare all’interno. Mirta non lo richiama, non lo insegue, non infierisce. Il primo mattone è stato posato.

Carezza con la punta dell’indice l’orlo di pizzo ruvido. Avrebbe mai preso quella decisione, senza quel messaggio dell’universo? Sì, probabilmente sì.

Eppure…

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