Mia cara Berenice,
ieri ho tentato, di nuovo, di guardare “I segreti di Wind River” (GB-Canada-USA, 2017). Pareva la volta buona, poi, all’improvviso, se n’è andata la luce. In tutto il quartiere.
Solo in seguito, ho saputo che, in tarda serata, si era incendiato il Ponte dell’Industria, meglio noto come il Ponte di Ferro, da cui passavano linee elettriche e condutture del gas.
Una fiaccola fiammeggiante che fende la notte, portata da un messo comunale che, novello tedoforo, sale a passo di corsa gli scoscesi gradini del Campidoglio, a proclama dell’inizio delle elezioni amministrative.
Si vota in seggi fatiscenti, in una città sporca, congestionata da auto e da mezzi pubblici traballanti, simili a velieri pirata grotteschi e maledetti. L’incredibile capacità del marmo millenario di Roma di assorbire, come spugna o pietra pomice, ogni bruttura, così come il Colosseo sventrato è sopravvissuto ai saccheggi dei Papi, non deve far sottacere questa realtà. Il vero amore, come direbbe un terapista di coppia, parla, non tace.
Tanto più che la campagna elettorale non fa presagire nulla di buono. I due candidati principali non l’hanno nemmeno fatta, applicando la dottrina Taverna, dal nome della senatrice romana secondo cui nell’Urbe è meglio non vincere.
La Sindaca uscente forse non merita la fama di ispettrice Clouseau che le è stata cucita addosso, ma non ha saputo nemmeno imprimere un vero cambio di passo. Le immagini in cui, appena eletta, conferiva con i più stretti collaboratori appollaiata sui tetti, coprendosi il labiale con le mani a coppa, mostravano una bestia braccata da una muta vorticante di cacciatori.
Il quarto candidato, indipendente, non ha serie possibilità di vincere, né qualcosa che lo collochi una spanna sopra gli altri.
Insomma, si infila la scheda nell’urna e si fanno gli scongiuri.
Uno scaramantico saluto.
Stan