Mia cara Berenice,
l’autunno ha finalmente posato le sue dita rinfrescanti sulla fronte delle Venezie.
La finestra di camera mia inquadra un cielo plumbeo e il mattino ha portato quella pioggia che i numerosissimi viticoltori locali attendevano come la manna, dopo uno degli anni più secchi e polverosi di sempre.
I festeggiamenti per il mio compleanno sono proseguiti felicemente e la tua comparsata ha avuto grande successo.
La torta della pasticceria F. ha attirato grande attenzione. G., in particolare, ha posto sulla preparazione domande estremamente precise che mi hanno ispirato il racconto breve qui allegato.
Te lo ricordi, Berenice, il nostro Venezuela?
Uno spumoso saluto.
Stan
LA RICETTA
“Del Presidente Allende, attualmente, non si hanno notizie”. Il señor Caffarelli abbassò il finestrino della vistosa macchina americana e lanciò uno sputo in un triplo tuffo carpiato sul cielo polveroso di Caracas, prima di spegnere l’autoradio e il motore, scendere e tirarsi su la cinta, nel parcheggio della Panadería y Pastelería La Flor de Altamira. Era domenica e c’era da festeggiare un certo anniversario, ricorso l’ultima volta in Europa, tanti anni prima.
Era quasi ora di pranzo e il locale era affollato di gente fermatasi a prendere un rinfresco dopo la messa o ammassata al balcone per portare a casa una torta o una guantiera di paste.
Il señor Caffarelli che, dopo tanto tempo, non si era ancora abituato alla folla, alla promiscuità e al sudore di quelle latitudini, si sedette a un tavolino di marmo d’angolo e si fece servire da María Fernanda un succo di papaya. Non aveva fretta. A casa sua tutti conoscevano la pazienza e la disciplina, e così gli invitati convenuti per la ricorrenza.
Calmatesi le acque, Caffarelli si alzò e si sistemò la cinta dei pantaloni. Fra lui e il señor Ramirez, il titolare del panificio pasticceria, correvano vecchie ruggine, risalenti a fatti avvenuti in Europa, tanti anni prima. Proprio per questo, forse, si ostinava a servirsi lì; dopotutto, Ramirez aveva la pasticceria più famosa di Guanare, e lui non poteva certo sfigurare con i suoi invitati. Forse fu per lo stesso motivo che Ramirez, scacciata con un cenno della mano la sua banconista, si accinse a servire personalmente Caffarelli.
Con gesti lenti ed energici delle braccia villosa e dello grossa dita nodose, trasse dal laboratorio una imponente Foresta Nera per deporla nella confezione e incartarla.
La torta era a mezz’aria, quando Caffarelli disse: “Ma la Foresta Nera non dovrebbe avere la base di panna montata?”
Ramirez interruppe la traslazione per un momento, ma fu davvero affare di un secondo.
“Che ne sai tu di Foresta Nera?” Apostrofò Caffarelli, deponendo il dolce nella sua tomba di cartone.
“La Foresta Nera è nata a Bad Godesberg,” sibilò Caffarelli.
“A Bad Godesberg,” ribatté secco Ramirez, “è nata solo una cosa,” ed era piuttosto chiaro che non si riferiva né alla Foresta Nera né a qualunque altra preparazione gastronomica, né tantomeno alla svolta moderata del Partito Socialdemocratico Tedesco, votata dal Congresso Straordinario tenutosi nella città della Renania Settentrionale-Vestfalia nel 1959.
“La volete finire?” Urlò sottovoce, da dietro il monumentale registratore di cassa, la señora Ramirez, i denti digrignati e gli occhi iniettati di sangue sotto i riccioli azzurrini.
Quei porci del Mossad, ormai, erano ovunque, e non c’era nessun motivo di mettersi in mostra in quel modo, perbacco!