Mia cara Berenice,
il viaggio in treno verso le Venezie è andato relativamente bene, al netto di un leggero ritardo e del fatto che Termini e il convoglio erano molto più affollati del solito. Sembrava davvero di essere tornati al 2019… di nuovo, al netto del fatto che le compagnie ferroviarie non si decidono a riportare i prezzi dei biglietti ai più accessibili livelli pre-pandemici. Prima si pagavano i limiti di capienza, oggi la sofisticata sanificazione dell’aria che quei limiti ha consentito di rimuovere. Allarghiamo le braccia, come in flash mob.
Sui sedili sono ricomparse le riviste di cortesia, ma a me è stato offerto un testo ben più alto e nobile, nientemeno che l’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto e, precisamente, il passo in cui Astolfo si reca sulla Luna per recuperarne il senno di Orlando e vi trova un’eloquente varietà di reperti, fra cui “gran copia di panie con visco, ch’erano, o donne, le bellezze vostre”.
Chi mi ha declamato questi versi? Una graziosissima ragazza bionda dall’abbigliamento – diciamo – asciutto ed essenziale. La poveretta si trascinava dietro un gigantesco trolley rigido e, avendo io stesso il vizio di viaggiare pesante, mi offrii di aiutarla a sistemarlo sulla cappelliera. Mi avvertì che era pesantissimo e, pur credendole sulla parola, rimasi comunque esterrefatto appena lo sollevai. Sembrava letteralmente pieno di mattoni, di piombo o di un campionario completo di armi pesanti da guerra: insomma, la valigia di Alberto Sordi in “Finché c’è guerra c’è speranza” (Italia, 1974). Fortunatamente – potenza del richiamo della Natura – un secondo passeggero mi è venuto in soccorso.
La prossima volta che una ragazzina avrà bisogno di aiuto con un trolley, me ne starò bene alla larga… no, non accadrà.
La scena, oltretutto, ha evidenti analogie con quella di “Wild Wild West” (USA, 1999) in cui Salma Hayek grida, attirando l’immediata attenzione del capotreno: “Sono una donna spaventata, affamata e mezza nuda che sta cercando suo padre!”
Un nostalgico saluto.
Stan