Mia cara Berenice,
ti scrivo ancora da quel declivio erboso dal quale non so più staccarmi, reverente pellegrino al sancta sanctorum del nostro ultimo incontro.
Del resto, quand’anche questo dovere religioso non mi vincolasse, debbo dire che qui si sta benissimo. Già ieri soffiava uno zefiro delizioso, trasformatosi oggi in tramontana gagliarda.
O Eolo benedetto, San Giorgio trafittore del drago fiammeggiante dell’estate romana! Sei tu il vero Minosse, col potere di consegnarci al Paradiso o all’Inferno.
Questo lo compresi viaggiando non attraverso i tre regni come Dante, ma più semplicemente a Lampedusa, dove mi avevi invitato L., stazionatovi in qualità di Vice-Comandante di Porto.
I primi tre giorni, lo scoglio era investito da uno scirocco furioso e io temetti seriamente di impazzire. Poi, fortunatamente, il vento mutò in un salvifico maestrale… salvifico per me, ma funesto pei pescatori, ai quali interdiva l’opera quotidiana, e proprio al culmine della stagione turistica.
Mors tua vita mea.
Stan