Mia cara Berenice,
lo senti, lo scoppiettio dei popcorn, delizia dei fanciulli?
Popcorn, tradizionalmente associati al cinema. I bar interni dei multisala li offrono in infinite varietà e guarnizioni, senza peraltro arrivare agli estremi americani del burro. Da Wall Street e dagli Hamptons, in compenso, vengono i prezzi.
Eppure, se due sere fa tu avessi varcato la soglia di un certo cinema, te ne sarebbe stata offerta una busta, accompagnata da una bottiglietta d’acqua minerale o gasata. “Tutto graaaatis!”, come adorabilmente sbraitava Tom Cruise in “Tropic Thunder” (USA-Germania, 2008).
Del resto, non avresti pagato nemmeno il biglietto e avresti notato che maschere, cassiere, baristi erano troppo numerosi, troppo giovani e troppo entusiasti per non essere volontari.
Entrata finalmente in sala, avresti assistito alla protezione de “Il grande passo” (Italia, 2019), presentato dal regista Antonio Padovan in persona.
Meravigliata dalla splendida serata che ti era stata offerta, avresti assunto, tramite tua madre, informazioni dal Console d’Austria a Venezia o a Trieste.
La mattina successiva, un corriere consolare ti avrebbe recapitato in albergo una nota frettolosamente ma diligentemente vergata, in cui si esponeva che l’ex cinema parrocchiale Careni è attualmente gestito da un’associazione di giovani volontari, sulla base giuridica di una convenzione con il locale Comune.
A quel punto, avresti riferito il tutto a tua madre che avrebbe liquidato la vicenda come la solita, velleitaria iniziativa italiana.
Uno sconsolato saluto.
Stan