Mia cara Berenice,
nel leggere questa mia, ti prego di immaginarmi con le fattezze di Sophie Marceau ne “Il tempo delle mele” (Francia, 1980), inserendo altresì in sottofondo una acconcia musica adolescenziale.
Sono arrivato nelle Venezie al termine di un viaggio più movimentato del previsto e mi trovo ora nella magione paterna.
Appunto questa mattina il patriarca, prima di andare nel latifondo a esercitare i suoi diritti di titolare di patentino fitosanitario, mi ha apostrofato: “Svuota i cassetti della tua scrivania e metti tutto quello che non serve in degli scatoloni!”
Ho ottemperato dopo il pisolino pomeridiano, coscenziosamente.
Sono rimasti solo, nel primo cassetto, una banconota da cinquanta bolivar, una da venti dollari di Hong Kong, dei mazzi di foto della laurea, del liceo e delle medie, il mio pass da proiezionista e quello per la Biennale di Venezia, il libretto universitario, la laurea arrotolata nel tubo di cuoio rosso, il diploma di dottorato custodito in una busta dello stesso colore.
Negli scatoloni sono finiti brogliacci della tesi di dottorato, cartelle di convegni, fascicoli di vecchie pratiche legali trattate nel Libero Foro, il materiale di studio per concorsi non superati, vecchi cellulari lasciati a fare da muletto, cavi di stampanti ed Ethernet, una prolunga per modem a 56 k, perfino il manuale operativo del mio 486DX4, probabilmente il primissimo computer atterrato nel paesello.
Da qualche parte, doveva esserci anche una poesia, scritta a mano su un foglietto infilato furtivamente sotto un banco di scuola.
Met you by surprise, I didn’t realize that my life would change for ever / Saw you standing there, I didn’t know I’d care / There was something special in the air.
Stan