Mia cara Berenice,
solo pochi giorni fa ti narravo, in una delle mie, la leggenda epica e nera della periferia romana.
Oggi apro un quotidiano locale e leggo un articolo che parafraso liberamente, ma senza alterare punto i fatti.
“Questa mattina, i carabinieri della Compagnia di Frascati e gli agenti del VI Gruppo della Polizia di Roma Capitale hanno notificato al titolare del bar Dalila di Tor Bella Monaca la revoca della licenza con conseguente obbligo di chiusura definitiva, entro un giorno dalla notifica dell’atto, con espressa avvertenza che, in caso di inadempienza, si procederà alla chiusura coatta con l’apposizione dei sigilli nonché al deferimento all’Autorità giudiziaria.
Secondo l’Autorità amministrativa, l’esercizio in questione sarebbe abituale ritrovo di pregiudicati, come comprovato dai numerosi arresti per reati di droga effettuati nelle immediate vicinanze.
La proverbiale goccia che ha fatto traboccare il caso, tuttavia, è un episodio verificatosi il 30 marzo, quando, in prossimità del bar, il pregiudicato G.M. veniva raggiunto da due colpi d’arma da fuoco, esplosi da ignoti a bordo di uno scooter, riportando lesioni personali.
Ha pesato, infine, il fatto che l’esercizio avesse già subito due sospensioni della licenza ai sensi del Testo Unico di Pubblica Sicurezza.
Il provvedimento, a firma del Prefetto di Roma, fa seguito ad altro analogo recentemente emesso a carico del bar Moccia, nello stesso rione, e deliberato dal Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica, sulla base di informative rese dai carabinieri. In questo caso, secondo l’Autorità amministrativa, l’esercizio era ‘abitualmente utilizzato come base logistica e operativa per il traffico di stupefacenti e per la pianificazione del controllo del territorio da parte di sodalizi criminali che operano nel quartiere'”.
Cosa si può desiderare di più? Non sembra un romanzo di Gadda o di Camilleri?
A me fa venire in mente “Dalle parti degli infedeli”, in cui Leonardo Sciascia, basandosi su carteggi amministrativi e curiali, ricostruisce la rimozione di Monsignor Angelo Ficarra, Vescovo di Patti dal 1936 al 1957, reo di scarso impegno anticomunista e quindi prima condannato dalla Sacra Congregazione Concistoriale, poi affiancato coattivamente da un Ausiliare, infine “promosso” Arcivescovo di Leontopoli di Augustamnica, un’antica Diocesi oggi inesistente: “in partibus infidelium”, secondo la dizione del diritto canonico.
Accetta, te ne prego, il commosso saluto del tuo burocrate.
Stan