Mia cara Berenice,

ti scrivo dal Treno ad Alta Velocità che mi sta riportando a Roma per quella che sarà una breve parentesi: dovrò infatti presto risalire per l’assemblea sociale del cinema e, forse, per ulteriori adempimenti successori.

In principio fu il distanziamento sociale, che tagliava della metà la capienza delle carrozze. Introdotto l’anno scorso, fugacemente revocato, ripristinato con gran strepito durante l’estate. Ricordo ancora la girandola dei cambi d’orario e di posto, quando scesi nelle Calabrie.

A dimostrazione della sostanziale fine sociale della pandemia, ecco che ora il distanziamento è stato nuovamente soppresso, senza che la stampa dedicasse alla vicenda una sola riga. Io stesso l’ho appreso dagli altoparlanti di bordo. A quanto pare, la compagnia ha ottenuto l’autorizzazione installando un nuovo, rivoluzionario impianto di purificazione dell’aria.

Fatto sta che la carrozza è troppo piena, riportandomi ai tempi lontani del pendolarismo a Venezia. Chiacchiericcio soffuso, un continuo andirivieni nel corridoio, valigie che strabordano minacciose dalle mensole portabagagli. Una famiglia, salita a C., ha salutato la zia rimasta sulla banchina almeno una dozzina di volte, rimettendo inconsapevolmente in scena una celebre macchietta di Stanlio e Ollio. Si è rimaterializzata perfino la nemesi di ogni viaggiatore: la comitiva di fanciulli.

Anche ieri sera, in piazza a P. dove abbiamo tenuto una riunione informale dei proiezionisti, imperversavano le cene di classe, con susseguente ingorgo davanti alle gelaterie.

Ho mangiato un biscotto alla stracciatella.

Un affollato saluto.

Stan