Mia cara Berenice,
il mio mouse mi accompagna da anni, da ben prima che il lavoro agile mi inducesse a cambiare portatile, ignaro com’ero del fatto che il Ministero me ne avrebbe acquistati ben due: il primo a valere sui Fondi europei, il secondo su quelli nazionali.
Nel punto in cui va collegato alla porta USB, il cordoncino del mouse è completamente spellato. I fili sottostanti sono chiaramente visibili nella loro esile figura e sembrano sul punto di spezzarsi da un momento all’altro. Mio padre, elettricista, me l’ha fatto notare anni fa; ma il mouse si ostina a funzionare perfettamente.
È nero, levigato, oblungo, come il sasso del greto di un fiume; dal ventre manda una calda luce rossa. L’effetto è particolarmente evidente quando mi trovo nel mio studiolo delle Venezie, in cui la scrivania ha un ripiano di vetro.
È un capolavoro misconosciuto, degnissimo di un museo di arte moderna o, almeno, delle televendite di certi canali tematici, in cui esagitati imbonitori in giacca e cravatta, gli occhi fuori dalle orbite, propongono di visionare capolavori di Guttuso o Schifano a seicento euro oltre IVA, importo da cui va defalcato un ulteriore sconto del venti per cento.
Un estasiato saluto.
Stan