Mia cara Berenice,
non poteva che essere l’ubiquo, inossidabile Vasari a tramandarci la leggenda della O di Giotto, il cerchio perfetto disegnato a mano libera per dimostrare a Papa Benedetto IX l’inarrivabile capacità dell’artista.
Leggenda, precisano appunto gli storici. Eppure quella O esiste, si trova a Roma ed è Piazza della Repubblica.
Piazza della Repubblica è il cerchio perfetto. Circolare lo specchio della Fontana delle Naiadi al centro, circondato da una rotonda lungo cui danzano forsennatamente in cerchio, sinuose come baiadere, le auto. Circolare l’abbraccio morbido dei portici e della facciata concava di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri.
Da quel centro-fonte di acqua gorgogliante si dipartono le mie rette.
Viale Luigi Einaudi che, costeggiando le bancarelle di libri usati, sfocia in Piazza dei Cinquecento, fino alla facciata imponente della Stazione di Termini.
Via Nazionale, rettifilo in dolce declivio fino alla Colonna di Traiano, ai Fori Imperiali e a Piazza Venezia.
Sotto i portici, le rette si infilano e pungono l’atrio del multisala, tappa ricorrente dei miei pellegrinaggi romani.
In un pub a poca distanza un viandante può concedersi, finito il sentiero di celluloide, un hamburger o mezzo pollo alla griglia.
Fino a qualche anno fa, c’era anche una succursale di Eataly, dove spesi un mazzetto di buoni pasto per una bistecca di manzo di Kobe.
Un lussuoso albergo, richiamo allusivo e sussurrato, attraverso le gallerie di pietra, al vicino Hotel de Russie.
Ieri sera, camion e maestranze cinematografiche, allineati e formicolanti a semicerchio, sotto i portici.
Il soffitto di pietra frutta grossi lampadari a forma di diamante.
L’area del cerchio è pari al quadrato del raggio moltiplicato per pi greco.
Una formula geometrica.
Numeri della Cabala, se sei a Piazza della Repubblica.
Un ciarlatanesco saluto.
Stan