Mia cara Berenice,
seguii con vivo interesse, a suo tempo, l’ascesa alla Presidenza della Commissione di Ursula von der Leyen. Con quel nome tra il supercattivo di James Bond e il feldmaresciallo prussiano, e proveniente com’era dal Ministero della Difesa tedesco, sembrava perfetta per scatenare sovranisti e complottisti. “La nuova Kaiserin invade per la terza volta Bruxelles al passo dell’oca. L’ultima volta, qualche anno dopo la Wehrmacht entrò a Roma: succederà lo stesso?”
Invece, non è riuscita a salire sull’Olimpo delle nemesi gentiste insieme a George Soros, Bill Gates e Big Pharma, inquietante divinità lovecraftiana a forma di siringa vaccinale.
Anche perché – diciamoci la verità – nessuno presta particolare attenzione al Presidente della Commissione Europea, se non quando il Presidente della Turchia le nega una sedia.
La solita scarsa incisività delle Istituzioni europee a livello internazionale? Misoginia, pura o mista a islamismo?
Come troppo spesso accade, l’unico giornale a sviscerare fino in fondo la vicenda è il Post che, ai due possibili motivi sopra indicati, ne affianca un terzo.
Come spesso accade negli affari europei, potrebbe essere stata una questione di atti e norme.
Innanzitutto i Trattati istitutivi, che non demarcano chiaramente le competenze di Commissione e Consiglio in materia di relazioni esterne.
Etiam, il protocollo ufficiale del Consiglio dell’Unione Europea che, effettivamente, antepone il Presidente del Consiglio a quello della Commissione. Potrebbe essere semplicemente avvenuto che qualche funzionario del Cerimoniale turco, su tale base, abbia ritenuto che il solo Presidente del Consiglio dovesse sedere accanto al Capo dello Stato ospitante.
Anche l’Italia ha un apposito ordine delle precedenze, disciplinato con Decreto del 2008 e diviso in ben sette categorie.
In nessuna compare il Presidente della Repubblica, che immagino fare categoria a sé.
Nella prima categoria, nell’ordine, i Presidenti delle Camere, del Consiglio dei Ministri, della Corte Costituzionale e i Presidenti Emeriti.
Nella seconda, tra gli altri, i Ministri, il Decano del Corpo Diplomatico, i Presidenti di Regioni e Province Autonome, il Primo Presidente della Corte Suprema di Cassazione, i Sottosegretari di Stato, i senatori a vita.
Nella terza, tra gli altri, i Presidenti di Consiglio di Stato e Corte dei Conti, il Procuratore Generale presso la Suprema Corte, il Governatore della Banca d’Italia, l’Avvocato Generale dello Stato, il Capo di Stato Maggiore della Difesa, i Presidenti dell’Accademia Nazionale dei Lincei e del Consiglio Nazionale delle Ricerche.
Nella quarta, tra gli altri, Prefetti, Sindaci, Vescovi, Capo della Polizia, Ambasciatori d’Italia, generali di Corpo d’Armata, sindacalisti, scienziati e industriali.
Nella quinta, tra gli altri, i Presidenti delle Camere di Commercio, i Rettori delle Università, i Direttori dei Servizi Segreti, i Consoli, il Procuratore Generale Generale, l’Ordinario Militare.
Nella sesta, tra gli altri, le Medaglie d’Oro, i Direttori Generali dei Ministeri, i Questori.
Nella settima, tra gli altri, il Magistrato per il Po, i Presidi universitari, i Difensori Civici.
Non si ritiene più applicabile, evidentemente, l’articolo 21 del Trattato Laterano, ai sensi del quale “tutti i Cardinali godono in Italia degli onori dovuti ai Principi del sangue”; del resto, caduta la monarchia, non esistono più tali Principi, che nell’ordine protocollare erano secondi solo al Re d’Italia.
Un ordinato saluto.
Stan